La danza per l’ambiente

La lunga storia dei negoziati internazionali sul clima, iniziata con la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente nel 1972, dimostra quanto le politiche ambientali siano inefficaci se non accompagnate da un radicale mutamento socioculturale. Già negli anni Settanta Joseph Beuys (1921-1986), artista tedesco che diede corpo alla crisi della cultura europea e alla tassativa riconciliazione dell’uomo con la natura, riuscì ad inquadrare il problema in maniera emblematica: “Prima della domanda: COSA POSSIAMO FARE? Deve essere posta la domanda: COME DOBBIAMO PENSARE?”. Radicare il pensiero ecologico nel tessuto sociale è la grande sfida del nostro tempo. In questa prospettiva la danza può apportare il proprio contributo alla causa dell’ambiente, modellando la narrazione della crisi climatica ad un livello più emotivo rispetto ai numeri e ai grafici degli scienziati.

Diversi coreografi affrontano l’emergenza ambientale. The Tree di Carolyn Carlson (Carolyn Carlson Company, 2021) è una poesia visiva sulla natura all’orlo del collasso, una manifestazione d’amore per la Terra che chiede di rallentare e di (ri)pensare alle nostre azioni. Turn the Tide di Roberto Tedesco (Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto, 2021) è una “microdanza” che, prendendo spunto dagli importantissimi dati raccolti da una vela da regata durante la Volvo Ocean Race, denuncia l’inquinamento oceanico da microplastiche. AfteRite di Wayne McGregor (Teatro alla Scala, 2022) è una rilettura della Sagra della Primavera che, traendo ispirazione dal libro Silent Spring di Rachel Carson, ambienta il capolavoro stravinskiano in un futuro immaginario dove gli esseri umani lottano per la sopravvivenza contro una natura spietata. Jungle Book Reimagined di Akram Khan (Akram Khan Company, 2022) reinterpreta Il Libro della giungla adottando il punto di vista dei bambini di oggi, eredi di un mondo pesantemente compromesso dallo sfruttamento intensivo delle risorse naturali e dal disatteso impegno della politica internazionale. E così la giungla lascia il posto alla città, simbolo della frattura tra l’uomo e la natura, mentre Mowgli diventa una giovane migrante alle prese con il cambiamento climatico.



Altri coreografi si muovono al di fuori del perimetro teatrale per riscoprire e rafforzare il legame tra l’uomo e l’ambiente. Questi progetti esplorano la natura della danza in termini di esperienza e di percezione, al di là della dimensione spettacolare, incentivando così la comprensione e la valorizzazione dell’ambiente in una dimensione inclusiva. Alla coreografa Anne Teresa De Keersmaeker si deve il workshop per danzatori e non danzatori “Hand Power, Horse Labor and Dance”. Il corso, intrecciando danza e agricoltura, ripristina la continuità tra arte ed esperienza quotidiana, sperimentando la modalità compositiva della ripetizione all’interno del lavoro nei campi. Un laboratorio altrettanto ambientalista ma rivolto alle nuove generazioni è HORTUS, un progetto di Delfina Stella realizzato con la collaborazione artistica di Agnese Lanza e Virgilio Sieni. Pensato per le classi della scuola primaria, il laboratorio sviluppa un tema particolarmente caro al coreografo fiorentino: la relazione tra il corpo e la natura esplorata attraverso la danza.

Altri coreografi ancora cercano di colmare la frattura tra il mondo della ricerca scientifica e quello della cultura umanistica, un problema già evidenziato dal fisico Charles Percy Snow nel saggio Le due culture (1959). In questa direzione si è mossa Nanine Linning con La Mer (Boston Ballet, 2023), un balletto nato dalla collaborazione con il Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI), centro di ricerca oceanografico tra i più avanzati al mondo. In linea con la mission dell’Istituto, il balletto esplora le sfide affrontate dagli oceani e il loro potenziale per creare soluzioni ai nostri problemi più impegnativi: il cambiamento climatico, lo scioglimento dei ghiacciai, la siccità, le inondazioni distruttive, l’inquinamento marino.

Silvia Mozzachiodi

L’Aterballetto inaugura lo Specchio d’acqua alle Terme di Caracalla

Una suggestiva danza sull’acqua al cospetto della storia e dell’arte: così l’Aterballetto ha inaugurato ieri alle Terme di CaracallaSpecchio d’acqua“, l’installazione progettata dall’architetto Hannes Peer che ha riportato nel complesso archeologico, a 1800 anni dalla sua costruzione, l’elemento costitutivo delle terme: l’acqua. Sul palcoscenico, allestito al centro dello specchio, l’Aterballetto ha danzato Rhapsody in Blue, una coreografia per sedici danzatori realizzata dai coreografi Iratxe Ansa e Igor Bacovich sull’omonima musica di George Gershwin.

Lo spettacolo, nonostante sia stato pensato per il contesto teatrale, si è inscritto così naturalmente nel sito archeologico da sembrare creato appositamente per questo spazio. Le Terme di Caracalla, infatti, non hanno fatto da maestosa cornice ma sono diventate parte integrante di una performance che ha regalato al pubblico un’esperienza unica. Il passato architettonico è entrato in dialogo con il presente performativo, i fluidi movimenti coreografici hanno ricordato l’essenza dell’acqua, il paesaggio sonoro creato dall’installazione ha incontrato la meravigliosa musica di Gershwin.

Una misteriosa e spettacolare armonia è scesa sulle Terme di Caracalla e il merito è soprattutto dei coreografi, per aver creato un lavoro così accattivante, e dei danzatori della compagnia, protagonisti di una danza espressiva e musicale, piena di colore e di brio, capace di infondere in chi la guarda una compiaciuta e condivisa gioia. A conclusione della performance i giochi d’acqua e le nebulizzazioni dell’installazione, tocco finale di una performance spumeggiante.

Silvia Mozzachiodi

“Dancing Star” dei Pet Shop Boys

Mito della danza? Non solo. Rudolf Nureyev appartiene all’immaginario collettivo. Con il passare del tempo il numero dei lavori a lui ispirati, anziché diminuire, continua a crescere, segno di quanto sia ancora influente e moderno, di come la sua danza sia diventata un vero e proprio simbolo. L’ultimo omaggio al leggendario ballerino è Dancing Star, il nuovo singolo dei Pet Shop Boys tratto dall’album “Nonetheless” in uscita il 26 aprile. La canzone celebra la vita di Nureyev in chiave pop, mettendone in luce il talento, il coraggio, il temperamento focoso, la passione. Il video, realizzato con il supporto della Fondazione Rudolf Nureyev, include filmati storici che mostrano il magnetico danzatore nei suoi famosi salti. La sensazione è che il tempo non si sia fermato per questa stella danzante perché, come dice la canzone, “And still shine now – Although you’ve gone”.

Silvia Mozzachiodi