Merce Cunningham e Mikhail Baryshnikov, protagonisti di un film evento

Ad inaugurare la stagione primaverile del Baryshnikov Arts Center è la proiezione di MERCE / MISHA / MORE_A Film Event, in prima mondiale dal 7 al 9 marzo presso il Jerome Robbins Theater di New York. Come sottolinea il titolo, il film è un vero e proprio “evento” che celebra il 60° anniversario del primo Event di Merce Cunningham e il 50° anniversario dell’arrivo di Mikhail Baryshnikov in Occidente.

Nel giugno del 1964 Merce Cunningham, famoso per aver rivoluzionato l’estetica della danza negli Stati Uniti, si trovava in tournée con la propria compagnia nel Vecchio Continente. Il coreografo, che aveva fatto della casualità un caposaldo del proprio procedimento compositivo, inventò un nuovo formato per poter allestire le performance in spazi non teatrali. Così da una particolare situazione, in modo del tutto casuale ma con uno slancio creativo capace di trasformare un ostacolo in una chance, nacquero i suoi Events, frammenti coreografici tratti dal proprio repertorio o da nuove creazioni e combinati tra loro con diverse modalità poco prima della performance. Il primo di una lunghissima serie – più di 800 – fu Museum Event No. 1, allestito in un museo viennese con un cast d’eccezione che comprendeva tra gli altri il danzatore e coreografo Steve Paxton, scomparso il 21 febbraio scorso.

Nel giugno del 1974 Mikhail Baryshnikov era la stella del Kirov Ballet, la più pura espressione della grande scuola russa ereditata da Alexander Pushkin. Nonostante l’incredibile successo decretato da pubblico e critica, Baryshnikov era un artista dell’Unione Sovietica e pertanto la sua visione della danza, e più in generale della vita, era incompatibile con le politiche imposte dalle autorità sovietiche. Durante una tournée in Canada, il ballerino chiese asilo politico, proprio come avevano fatto Rudolf Nureyev nel 1961 e Natalia Makarova nel 1970. Fu l’inizio di un sogno, l’occasione di vivere la propria arte liberamente. Nella sua nuova casa, gli Stati Uniti, Baryshnikov riuscì a soddisfare la propria curiosità attraverso una sperimentazione stilistica che lo portò ad interpretare non solo i grandi classici del balletto ma soprattutto i lavori dei coreografi contemporanei, come Antony Tudor, George Balanchine, Jerome Robbins, Twyla Tharp e Merce Cunningham.

È curioso che i due eventi, pur essendo avvenuti a dieci anni di distanza, si siano verificati nel mese di giugno e nell’ambito di una tournée. Tuttavia il vero comune denominatore è un altro. Entrambi hanno rappresentato due forme di libertà artistica. Cunningham, spingendo la sua immaginazione oltre gli schemi, ha liberato la danza da ogni convenzione, restituendole la sua indipendenza. Baryshnikov, sperimentando una grande varietà di stili e concedendosi memorabili incursioni nel campo del teatro, del cinema e della televisione, ha infranto sia le divisioni tra “classico” e “moderno” sia le barriere tra discipline diverse, promuovendo una visione dell’arte totalmente libera.

Silvia Mozzachiodi

Frida, un ritratto coreografico

Da sinistra: Maia Makhateli in Frida ©Altin-Kaftira; Frida Kahlo, Autoritratto con collana di spine, 1940; Frida Kahlo, 1932.

Sold out per il Dutch National Ballet con Frida, il balletto ispirato alla vita di una delle più grandi pittrici del XX secolo, la messicana Frida Kahlo. Una corsa al botteghino riconducibile sia all’inesauribile richiamo dell’artista, diventata nel tempo anche un’icona pop, sia al successo conquistato dal balletto alla prima mondiale nel 2020. Frida celebra l’artista ma anche la donna, il talento ma soprattutto quell’incredibile forza che le ha permesso di trasformare la sofferenza in arte. Il suo corpo, martoriato a sei anni dalla poliomielite e a diciotto da un gravissimo incidente stradale, è stato il primo soggetto che ha dipinto durante la lunga degenza, sviscerato nel dolore e nella solitudine attraverso il furore creativo. A quel corpo, vittima di un calvario terminato soltanto con la morte, la coreografa Annabelle Lopez Ocha ha donato simbolicamente una seconda vita attraverso l’armonia della danza.

“Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni” era la risposta di Frida Kahlo a chi la riconduceva al Surrealismo. In linea con questa celebre affermazione, il balletto non vuole ripercorrere la storia dell’artista secondo un mero intento biografico, ma piuttosto illustrare l’indissolubile intreccio di arte e vita che ha permeato tutta la sua esistenza. E così gli eventi più importanti della sua biografia, come l’incidente, la storia d’amore con il pittore Diego Rivera e gli aborti, sono narrati a doppio filo con l’arte di Frida Kahlo.

Singolare, infatti, è la ricerca stilistica sottesa ad ogni aspetto della creazione. La costumista e scenografa Dieuweke van Reij ha ricreato il fantastico mondo di Frida Kahlo riproponendone la vivacità cromatica e l’amore per la natura. Il compositore Peter Salem ha ricordato il profondo legame della pittrice con il Messico, impiegando strumenti musicali come la marimba, la chitarra e incorporando le canzoni di Chavela Vargas, amica di Frida. Infine la coreografa Annabelle Lopez Ocha ha sfumato il confine tra danza e pittura cercando di traslare nel movimento lo stile dei suoi dipinti, “poetico e vero al tempo stesso”.

Silvia Mozzachiodi

Le Patin Libre, preziosa anticipazione della Biennale Danza 2024

È in corso la quindicesima edizione del Carnevale Internazionale dei Ragazzi, il progetto che la Biennale di Venezia ha dedicato alle famiglie e alle scuole per promuovere la piena partecipazione delle nuove generazioni alla vita culturale. Tra spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche, laboratori d’arte e installazioni, la rassegna include anche una preziosa anticipazione della Biennale Danza 2024: il pattinaggio contemporaneo della compagnia canadese Le Patin Libre, in scena fino all’11 febbraio al Pattinodromo Arcobaleno del Parco Albanese di Mestre.

Diretta da Alexandre Hamel e composta da pattinatori di altissimo livello, Le Patin Libre è una compagnia “ribelle” che ha intrapreso un percorso antitetico alle convenzioni del pattinaggio artistico per reinventare la propria disciplina e presentarla ad un pubblico più vasto come arte performativa contemporanea. Nel corso degli anni – l’anno prossimo saranno venti dalla fondazione – il gruppo ha sviluppato un proprio linguaggio, frutto di una rigorosa ricerca sulle possibilità espressive del pattinaggio di figura, coniugando la velocità e il virtuosismo alla creatività della danza contemporanea e all’energia delle danze urbane.

In Italia per la prima volta, Le Patin Libre presenta la sua ultima e affascinante creazione: Murmuration. Lo spettacolo trae ispirazione da un misterioso fenomeno della natura, ancora oggi oggetto di studio degli ornitologi: le ipnotiche figurazioni degli stormi in cielo. Il titolo stesso – in italiano mormorio – indica il rumore prodotto in volo dal battito delle ali in quella che può essere considerata una vera e propria danza. Sul ghiaccio, ad una grande velocità, quindici danzatori pattinatori evocano le complesse dinamiche di movimento degli stormi, ricordando la rapidità delle virate, la fluidità dei volteggi e la straordinaria coordinazione. Al di là della sua bellezza, Murmuration offre una riflessione sulla forza dell’unione.

Silvia Mozzachiodi