Baryshnikov e Nureyev: quando la danza diventa astronomica

Ad aprile il WGSBN (Working Group on Small Bodies Nomenclature) dell’Unione Astronomica Internazionale ha intitolato due asteroidi, scoperti dall’astronomo Henry E. Holt nel 1991, ai danzatori Mikhail Baryshnikov e Rudolf Nureyev, segno della grandezza – oggi possiamo dire astronomica – della loro danza. Entrambi gli asteroidi sono situati nella fascia principale, ovvero in quella parte del sistema solare compresa tra le orbite di Marte e Giove, e hanno un periodo orbitale che supera i 1500 giorni.

Non è la prima volta che l’Unione Astronomica Internazionale rende omaggio ai grandi protagonisti della danza. Al coreografo George Balanchine, il capofila del balletto neoclassico, è dedicato un cratere di 38 km sul pianeta Mercurio. Osservando la foto della NASA, il blu che aleggia intorno al cratere ricorda cromaticamente i costumi realizzati da Barbara Karinska per uno dei suoi balletti più famosi: Serenade, pietra miliare dell’estetica balanchiniana nonché un caposaldo della storia del balletto. A Maria Taglioni, la ballerina romantica che ha contribuito a rivoluzionare l’estetica del balletto, è intitolato il cratere di 31 km sul pianeta Venere. Il suo nome è stato scelto da un elenco di celebri donne redatto dalla National Organization for Women (NOW).

Silvia Mozzachiodi

Kansans City Ballet in Serenade di George Balanchine
Cratere Balanchine, Mercurio

Merce Cunningham e Mikhail Baryshnikov, protagonisti di un film evento

Ad inaugurare la stagione primaverile del Baryshnikov Arts Center è la proiezione di MERCE / MISHA / MORE_A Film Event, in prima mondiale dal 7 al 9 marzo presso il Jerome Robbins Theater di New York. Come sottolinea il titolo, il film è un vero e proprio “evento” che celebra il 60° anniversario del primo Event di Merce Cunningham e il 50° anniversario dell’arrivo di Mikhail Baryshnikov in Occidente.

Nel giugno del 1964 Merce Cunningham, famoso per aver rivoluzionato l’estetica della danza negli Stati Uniti, si trovava in tournée con la propria compagnia nel Vecchio Continente. Il coreografo, che aveva fatto della casualità un caposaldo del proprio procedimento compositivo, inventò un nuovo formato per poter allestire le performance in spazi non teatrali. Così da una particolare situazione, in modo del tutto casuale ma con uno slancio creativo capace di trasformare un ostacolo in una chance, nacquero i suoi Events, frammenti coreografici tratti dal proprio repertorio o da nuove creazioni e combinati tra loro con diverse modalità poco prima della performance. Il primo di una lunghissima serie – più di 800 – fu Museum Event No. 1, allestito in un museo viennese con un cast d’eccezione che comprendeva tra gli altri il danzatore e coreografo Steve Paxton, scomparso il 21 febbraio scorso.

Nel giugno del 1974 Mikhail Baryshnikov era la stella del Kirov Ballet, la più pura espressione della grande scuola russa ereditata da Alexander Pushkin. Nonostante l’incredibile successo decretato da pubblico e critica, Baryshnikov era un artista dell’Unione Sovietica e pertanto la sua visione della danza, e più in generale della vita, era incompatibile con le politiche imposte dalle autorità sovietiche. Durante una tournée in Canada, il ballerino chiese asilo politico, proprio come avevano fatto Rudolf Nureyev nel 1961 e Natalia Makarova nel 1970. Fu l’inizio di un sogno, l’occasione di vivere la propria arte liberamente. Nella sua nuova casa, gli Stati Uniti, Baryshnikov riuscì a soddisfare la propria curiosità attraverso una sperimentazione stilistica che lo portò ad interpretare non solo i grandi classici del balletto ma soprattutto i lavori dei coreografi contemporanei, come Antony Tudor, George Balanchine, Jerome Robbins, Twyla Tharp e Merce Cunningham.

È curioso che i due eventi, pur essendo avvenuti a dieci anni di distanza, si siano verificati nel mese di giugno e nell’ambito di una tournée. Tuttavia il vero comune denominatore è un altro. Entrambi hanno rappresentato due forme di libertà artistica. Cunningham, spingendo la sua immaginazione oltre gli schemi, ha liberato la danza da ogni convenzione, restituendole la sua indipendenza. Baryshnikov, sperimentando una grande varietà di stili e concedendosi memorabili incursioni nel campo del teatro, del cinema e della televisione, ha infranto sia le divisioni tra “classico” e “moderno” sia le barriere tra discipline diverse, promuovendo una visione dell’arte totalmente libera.

Silvia Mozzachiodi