Picasso Dance

Picasso Dance

Pablo Picasso è ancora oggi tra gli artisti più celebri e celebrati, soprannominato “il genio del secolo” per il furore creativo e la capacità di mettere sempre in discussione le consolidate tradizioni con opere innovative e rivoluzionarie. Memorabile fu la collaborazione con i Ballets Russes di Diaghilev, ma il suo interesse per la danza andò ben oltre il balletto, divenendo una presenza costante nella sua produzione quale espressione di sensualità e libertà.

Per il cinquantesimo anniversario della sua morte, avvenuta l’8 aprile 1973, il canale culturale europeo arte.tv celebra l’eredità artistica del pittore andaluso con Picasso Dance, progetto dal respiro internazionale e dall’elevato contenuto artistico. Otto coreografi contemporanei, di varie nazionalità e sensibilità, offrono la loro personale visione di un’opera di Picasso, coniugando il linguaggio coreografico a quello cinematografico. Scopri (cliccando sulle foto) i cortometraggi di Picasso Dance, ciascuno caratterizzato da precisi proponimenti estetici e formali, tutti diretti dal regista Thibaut Charlut, ad eccezione di La Visite firmato da Valérie Müller.

* L’ordine di descrizione è quello della versione integrale.

ANGELIN PRELJOCAJ – LA VISITE
Angelin Preljocaj - Picasso Dance

Il cortometraggio del coreografo franco-albanese Angelin Preljocaj, traendo ispirazione dalla fotografia “Picasso Paints with Light” di Gjon Mili, coglie l’irrefrenabile pulsione creativa dell’artista, avido sperimentatore di ogni mezzo espressivo. Nel 1949 Gjon Mili, fotografo di LIFE, mostrò al pittore alcuni scatti ritraenti il disegno luminoso tracciato dai volteggi di una pattinatrice nello spazio grazie all’impiego di una luce fissata alla lama dei pattini. Sedotto dal risultato, Picasso prese una piccola torcia elettrica e, in una stanza buia, tracciò nell’aria centauri, tori e profili umani, che furono catturati da Gjon Mili lasciando aperto l’otturatore della macchina fotografica. Angelin Preljocaj materializza la forza propulsiva dell’atto creativo mettendo in scena le creature che hanno ispirato Picasso: le Muse. Nascoste nell’oscurità della foresta e coperte in volto da maschere luminose, attirano il pittore fuori dal suo studio e lo espongono alla sua stessa violenza. La riflessione passa così dal piano artistico a quello personale. Le misteriose e ostili creature, che accerchiano il pittore travolgendolo con la loro aggressività, sono le donne che lo hanno ispirato e amato, vittime del suo gigantesco ego.

ANNA HOP – LA CHUTE DE DORA MAAR
Anna Hop - Picasso Dance

L’accento sull’oscura personalità di Picasso si ritrova nel cortometraggio di Anna Hop, coreografa polacca che, a partire dal dipinto Dora Maar aux ongles verts (1936), interpreta l’infelice destino della fotografa e pittrice Dora Maar, per circa nove anni amante e musa di Picasso. Fu una relazione tossica, culminata nel ricovero per depressione in una clinica psichiatrica dove fu sottoposta a elettroshock. Dora fu persino convinta da Picasso ad abbandonare la fotografia e a riprendere la pittura, per poi essere annientata dalle sue critiche distruttive. La sensibilità artistica e femminile di Anna Hop è la chiave di un ritratto coreografico struggente, girato nell’ultima casa in cui la fotografa ha soggiornato, nel comune francese di Ménerbes. La danzatrice è un oggetto nelle mani degli uomini: manipolata, deformata, schiaffeggiata, soggiogata fino all’inevitabile caduta. Il suo sguardo, la sofferenza che riverbera dal suo corpo, immobile o animato come quello di un burattino, incarnano le parole pronunciate in vita da Dora Maar: “Non è un uomo, è una malattia, non un amante, ma un padrone”.

DIEGO TORTELLI – PARADE
Diego Tortelli - Parade

Ad ispirare il coreografo Diego Tortelli è la collaborazione di Picasso con i Ballets Russes. Nel 1917 il pittore, famoso in tutta Europa per aver inaugurato la rivoluzione cubista, raggiunse la compagnia di Diaghilev, in tournée a Roma, per collaborare alla creazione di Parade, un balletto rivoluzionario, espressione di una perfetta sintesi delle arti. Nello studio di Via Margutta Picasso disegnò le scene, i costumi e il monumentale sipario, una tela lunga 17 metri e alta 11. Il balletto descriveva una parata di artisti in strada, nel tentativo di richiamare a teatro il maggior numero di spettatori. Diego Tortelli reinterpreta Parade ambientando la parata nella cornice architettonica del MAXXI di Roma. La scelta del contesto museale ha una duplice valenza: da un lato richiama il creativo soggiorno romano di Picasso, dall’altro enfatizza il rapporto tra la danza e le arti visive, tema ricorrente nella carriera di Picasso. Tra i vari personaggi del balletto, il coreografo sceglie la coppia di acrobati, nell’originale un uomo e una donna, nella versione di Tortelli due danzatrici. Lo stile della coreografia, mirabile contrappunto all’articolata trama spaziale dell’architetto Zada Hadid, prende avvio dal linguaggio accademico per oltrepassarlo, introducendo nuove forme d’espressione derivate dalla combinazione con il linguaggio contemporaneo.

NORA CHIPAUMIRE – NOT WAITING
Nora Chipaumire - Picasso Dance

La coreografa zimbabwese Nora Chipaumire, insieme alla “madre della danza contemporanea africana” Germaine Acogny, trova la sua fonte d’ispirazione in Les demoiselles d’Avignon (1906-1907), considerato uno dei suoi lavori più famosi e rivoluzionari nonché l’opera capostipite del movimento cubista. I volti delle due figure di destra sono un chiaro riferimento alle maschere africane, realizzate dopo la visita epifanica al Musée d’Ethnographie du Trocadéro di Parigi. Nora Chipaumire riporta le due donne alle loro radici, ambientando il cortometraggio in Senegal, non lontano da Dakar. In linea con la realizzazione del quadro, dove le cinque donne sono così compenetrate allo spazio da sembrare costituite della stessa materia, le due danzatrici sono parte della natura. I loro movimenti riflettono il calore del sole, il valore della terra, il respiro del vento, il canto degli uccelli. Rispecchiando l’interesse di Picasso per l’arte africana quale espressione di un’umanità spontanea e libera dalle ideologie, Not Watiting è un inno alla tradizione culturale africana, decantata nei costumi, nella musica, nei canti, nei gesti della vita quotidiana, così realistici da conservare un’aurea mitica e sacrale.

CARLA CERVANTES & SANDRA EGIDO – ENSEMBLE, NOS CORPS N’ONT JAMAIS ÉTÉ SEULEMENT DES CORPS
Carla Cervantes & Sandra Egido - Picasso Dance

Le danzatrici e coreografe spagnole Carla Cervantes e Sandra Egido hanno trovato una connessione tra la loro ricerca coreografica e l’opera Trois femmes (1908). Il dipinto, piena espressione del cubismo picassiano, mostra sia una semplificazione del corpo umano a forme geometriche sia un nuovo approccio alla rappresentazione dello spazio. Le tre donne non sono tre figure indipendenti, ma formano un insieme ad incastro. Allo stesso modo i corpi delle due danzatrici, incorniciati dal paesaggio della Costa Brava o inscritti in una luminosa stanza, si fondono in una terza entità, rivelando la meraviglia di una ricerca formale che radicalizza una dimensione propria della danza: la metamorfosi del corpo.

OLIVIER DUBOIS – CET OBSCUR AMOUR DU DÉSIR
Olivier Dubois - Picasso Dance

Nelle labirintiche catacombe di Parigi, il coreografo francese Olivier Dubois offre la sua interpretazione del dipinto Dora et le Minotaure (1936), contraddistinto da una violenta carica erotica, anche in questo caso riversata sulla fotografa Dora Maar. Picasso raffigura più volte la figura mitologica del Minotauro – nato dall’amore tra Pasifae e il Toro di Creta e rinchiuso in un labirinto dove gli vengono offerti in sacrificio dei giovani – quale simbolo di una sessualità violenta e di una forza oscura. Il coreografo crea una performance dalle tinte dark, carica di vampirismo, di Eros che sfuma in Thanatos. L’incalzante, quasi vertiginoso, ritmo del cortometraggio è un’alchimia di movimenti, gesti, suoni, lacrime, teschi, ossa. Sogno o incubo, “il sonno della ragione genera mostri”.

LEïLA Ka – VIVANTES
Leila Ka - Picasso Dance

A stimolare la creatività della coreografa francese Leïla Ka è il periodo blu di Picasso, una fase artistica incentrata sulla malinconica rappresentazione di un’umanità povera, pervasa dall’infelicità e dal dolore, resa attraverso l’essenzialità cromatica dei colori freddi. La coreografia dà vita alle donne di Les Deux Soeurs (1902), dipinto realizzato ​​​​in seguito agli studi presso il carcere femminile di Saint-Lazare, ritraente una prostituta e sua madre (il titolo Le due sorelle è un errore commesso dall’amico Sabartès). Il cortometraggio, ambientato in uno spazio cromaticamente complementare allo sfondo del quadro, ha per protagoniste tre danzatrici. La singolare scrittura coreografica, minimale ma di una espressività incisiva, punteggiata da gesti nervosi e sussulti dei corpi al ritmo dei loro respiri, segue un crescendo che esemplifica la trasformazione del dolore in forza. I corpi si liberano dei vari vestiti, inizialmente blu come quelli del quadro e progressivamente variopinti. L’apoteosi cromatica simboleggia sia il passaggio picassiano dal periodo blu al cubismo sia la ritrovata forza delle tre donne.

MR. KRISS – L’ACROBATE ET LE GUITARISTE
Mr. Kriss - Picasso Dance

Il danzatore e illustratore Kristián Mensa, in arte Mr. Kriss, interpreta L’acrobate (1930). L’opera rappresenta il rinnovato piacere di Picasso per la figura dell’acrobata, già esplorata durante il periodo rosa ma con una differente trattazione stilistica. Il cortometraggio, ambientato nello studio di un pittore interpretato dallo stesso Mr. Kriss, è un incontro poetico tra la danza e il disegno sulle note del chitarrista Alan Grezl. La dimensione gestuale della pittura sfuma in una danza i cui movimenti proiettano nello spazio la flessibilità del corpo dell’acrobata, attraverso uno stile che fonde la forza grezza della breakdance con la grazia e la leggerezza di un movimento fluido. L’acrobate et le guitariste mette in gioco il confronto tra la danza e la pittura, arti visive non verbali che si esplicano nella comune affinità del movimento: per il pittore quello della mano, che si dispiega nello spazio della tela; per il danzatore quello del corpo, organizzato nello spazio della scena.

Silvia Mozzachiodi

Olga Khokhlova, la prima moglie di Pablo Picasso

Olga Khokhlova in L’Après-midi d’un faune (1916)

Gli amori nascono inaspettatamente, fulmini a ciel sereno che inaugurano capitoli nuovi dai risvolti imprevedibili, a volte idilliaci, altre volte drammatici. Triste è la storia di Olga Khokhlova, ballerina dei Ballets Russes di Sergej Djagilev e prima moglie di Pablo Picasso. Il loro sentimento sbocciò nel 1917 a Roma, nella città eterna, ma la loro relazione non durò “per sempre”. Il cuore di Olga passò rapidamente dall’ebbrezza di una vita vissuta in palcoscenico all’infelicità di un amore impossibile.

Nella primavera del 1917 Picasso, famoso in tutta Europa per aver inaugurato la rivoluzione cubista, raggiunse la prestigiosa compagnia di Djagilev, in tournée al Teatro Costanzi di Roma, per collaborare alla creazione di Parade, un nuovo e rivoluzionario balletto espressione di una perfetta sintesi delle arti. Nella quiete dello studio di Via Margutta, Picasso disegnò le scene, i costumi che contribuirono a definire la fisionomia dei personaggi, e il monumentale sipario, una tela lunga 17 metri e alta 11 che introduceva gli spettatori all’azione scenica.

Fu così che, mentre in Europa infuriava la Grande Guerra, Picasso si innamorò perdutamente di Olga, una ballerina affascinante e riservata, che il pittore conquistò con una corte febbrile. Figlia di un colonnello dell’esercito imperiale, Olga era nata a Nezhin nel 1891. Nonostante il parere contrario dei genitori, portò avanti la sua passione per la danza studiando con la celebre ballerina e insegnante Yevgenia Pavlovna Sokolova. Nel 1912 entrò a far parte dei Ballets Russes, danzando nei più importanti lavori della compagnia come L’Après-midi d’un faune di Vaslav Nijinsky. Al Teatro Costanzi di Roma Olga danzava i ruoli principali nei balletti Le Fanciulle e Le Donne di buon umore di Léonide Massine.

Terminata la tournée italiana, la compagnia di Djagilev si recò prima a Parigi, dove presentò Parade al Théâtre du Châtelet, e poi in Spagna al Gran Teatre del Liceu di Barcellona. Raggiunta da Picasso, Olga decise di non prendere parte alla tournée in Sud America preferendo restare con il pittore che la presentò a sua madre, Doña María. Il fidanzamento fu suggellato con il dipinto Olga Khokhlova con una Mantilla (1917), il primo ritratto a olio conosciuto della giovane donna.

Pablo Picasso, Olga Khokhlova con la mantilla, 1917, Museo Picasso Málaga

Tornati insieme a Parigi, nel luglio del 1918 la coppia si sposò nella cattedrale ortodossa in Rue Daru con testimoni Jean Cocteau, Max Jacob e Guillaume Apollinaire. Olga, che aveva lasciato i Ballets Russes a causa di un infortunio e per non separarsi dal marito, diventò la musa di Picasso durante il periodo classico contraddistinto da un ritorno alla pittura figurativa. Uno dei quadri più famosi è il Ritratto di Olga in poltrona (1918), dove la bellezza della ballerina, seduta su una poltrona dal rivestimento floreale con in mano un ventaglio dalla variopinta decorazione, traspare in tutta la sua naturale armonia ed eleganza. La forza iconica di questo dipinto è la dolcezza del suo sguardo, velato da una profonda malinconia che ritorna in tutti i ritratti del periodo. Olga, infatti, soffriva per la precaria condizione economica della sua famiglia d’origine dopo la Grande Guerra e la Rivoluzione d’Ottobre.

Nel 1921 Olga diede alla luce il figlio Paulo e diventò l’ispirazione per numerose scene di maternità, un tema che Picasso aveva già esplorato durante il periodo blu ma che ora rappresentava con una tenerezza e una serenità inedite nella sua produzione. Esemplificativo è il dipinto Madre e figlio (1921), dove una donna, maestosa nelle proporzioni e nell’entità del suo sentimento, tiene in braccio il proprio bambino. Picasso realizzò anche diversi ritratti del figlio, il più celebre del quale è Paul vestito da Arlecchino (1924), espressione del legame paterno sublimato negli stessi occhi scuri e fermi e nel costume da Arlecchino a cui Picasso era tanto affezionato (e in cui si era già rappresentato).

Nel 1927 il loro matrimonio, già in profonda crisi, si aggravò ulteriormente quando Picasso iniziò una relazione extraconiugale con la giovanissima Marie-Thérèse Walter. Il furore creativo acceso dal rapporto con l’amante indusse Picasso a trasfigurare la dolce e gentile Olga in modo distorto, spigoloso e persino brutale come in Grand nu au fauteuil rouge (1929), un quadro che riflette tutta l’inquietudine e le tensioni vissute dalla coppia.

Pablo Picasso, Grand nu au fauteuil rouge, 1929, Parigi, Musée National Picasso

Nel 1935, dopo aver scoperto da un amico della gravidanza dell’amante, Olga lasciò con il figlio il tetto coniugale e viaggiò verso il sud della Francia. Successivamente presentò l’istanza di divorzio che Picasso rifiutò per non dividere equamente le sue proprietà come richiesto dalla legge francese. E così Olga morì nel 1955 ancora legalmente sposata a Picasso.

Silvia Mozzachiodi