Karl Lagerfeld e il balletto

Karl Lagerfeld e il balletto

“La danza classica ammette unicamente la perfezione”

Karl Lagerfeld

Il Met Museum di New York rende omaggio al Kaiser della moda con Karl Lagerfeld: A Line of Beauty, una retrospettiva sul lungo impero – 65 anni – di Karl Lagerfeld quale direttore creativo di Fendi, Chloé, Chanel e della propria linea. La mostra, traendo ispirazione dalla “linea della bellezza” formulata dal pittore inglese William Hogarth nel libro The Analysis of Beauty, presenta circa 180 capi contraddistinti da due linee: quella serpentina, riconducibile agli impulsi storicisti, romantici e decorativi, e quella retta, che rappresenta il suo modernismo, classicismo e minimalismo. Percorrendo le varie gallerie, A Line of Beauty mette in luce non solo il processo creativo e il vocabolario stilistico del fashion designer, ma anche la passione per diverse forme artistiche che, nell’arco della sua carriera, hanno variamente ispirato le sue collezioni. Due abiti, in particolare, esemplificano la predilezione per il balletto, un mondo affine per la comune ricerca della perfezione.

“Ogni designer del XX secolo ha un tocco di influenza dei Ballets Russes” ha dichiarato Karl Lagerfeld in un’intervista. E in effetti il primo abito, appartenente alla collezione primavera/estate 2009 di Fendi, reinterpreta il costume disegnato da Léon Bakst per Vaslav Nijinsky in Le Spectre de la rose (1911), balletto coreografato da Michel Fokine e divenuto famoso per il salto con il quale il leggendario ballerino entrava in scena da una finestra. I petali che ricoprivano la calzamaglia di Nijinsky sono stati rielaborati dal fashion designer in un abito di tulle mano seta, applicando delle romantiche rose dipinte nei toni del bianco e del rosa.

Il secondo abito appartiene alla collezione haute couture autunno/inverno 1987-1988 di Chanel, specchio del suo interesse per le corti europee del XVII e XVIII secolo e in particolare per quella francese, storica culla della danza accademica. Ad ispirare la collezione è stata la tragédie en musique Atys di Jean-Baptiste Lully, conosciuta anche come “L’opera del Re” per essere la preferita di Luigi XIV, nella celebre produzione dell’ensemble Les Arts Florissants. Il capo esposto al Met Museum è una sontuosa giacca che reinterpreta il costume indossato dal ballerino e coreografo Serge Lifar al “Bal du tricentenaire de Racine” e disegnato da Gabrielle Chanel a partire dalle litografie del danzatore francese Auguste Vestris.

Il mondo del balletto è un aspetto che accomuna ulteriormente Karl Lagerfeld e Gabrielle Chanel. La fondatrice della maison fu non solo mecenate dei Ballets Russes, ma disegnò per la compagnia i costumi di due famosi balletti: Le Train bleu di Bronislava Nijinska (1924) e Apollon Musagète di George Balanchine (1929). In egual misura, Karl Lagerfeld ha collaborato con diversi coreografi. Nel 2009 ha partecipato al tributo organizzato dall’English National Ballet per il centenario dei Ballets Russes creando il costume per La morte del cigno. Il tutù, coperto di piume nel corpetto e con due ali nella parte posteriore, è stato indossato dalla prima ballerina Elena Glurdjidze che, durante la prova finale avvenuta nella maison Chanel, ha danzato l’assolo per Lagerfeld. Nel 2016, su richiesta di Benjamin Millepied, allora direttore artistico della compagnia dell’Opéra di Parigi, ha disegnato la scenografia e i costumi per il balletto Brahms–Schoenberg Quartet di George Balanchine, riflettendo nelle creazioni la sofisticata eleganza della coreografia.

Silvia Mozzachiodi

INTERNATIONAL DANCE DAY!

Oggi è la Giornata Internazionale della Danza, un’arte talvolta percepita ingiustamente come elitaria, relegata nei propri confini teatrali. In realtà la danza ha rappresentato – e continua a rappresentare – una fonte di ispirazione anche per le altre arti, che più volte hanno celebrato la sua multiforme bellezza.

DANZA & ARCHITETTURA

A Praga anche l’architettura danza con La casa danzante (in ceco Tančící dům), progettata da Vlado Milunić in collaborazione con Frank Gehry lungo il fiume Moldava. L’edificio si compone di due parti principali. La prima è una torre di vetro che si restringe a metà della sua altezza ed è sorretta da pilastri curvilinei. La seconda, parallela al fiume, è caratterizzata da modanature ondulate e finestre non allineate. Libera fluttuazione della forma nello spazio, La casa danzante fu chiamata in origine Ginger e Fred, la famosa coppia hollywoodiana Ginger Rogers e Fred Astaire.

DANZA & FOTOGRAFIA

Gjon Mili fu il fotografo del movimento, pioniere nell’uso di flash stroboscopici per catturare una sequenza di azioni in una sola immagine fotografica. La danza, arte del movimento per eccellenza, fu congeniale alla sua visione. Un esempio è la fotografia che immortala Alicia Alonso mentre esegue il pas de bourrée suivi, restituendo la veloce progressione del passo composto da microscopici e uniformi movimenti dei piedi.

DANZA & MUSICA

Voglio vederti danzare di Franco Battiato è un ritratto interculturale della danza, raccontata nella sua meravigliosa pluralità: dalla danza del candelabro dei matrimoni egiziani a quella roteante dei dervisci, dal kathakali indiano al nestinarstvo bulgaro, dal ritmo degli sciamani al ¾ del valzer. In tre minuti e quarantaquattro secondi, il cantautore ha sintetizzato la danza al di là della sua dimensione spettacolare, confermandone l’importanza all’interno della vita dell’uomo quale forma di comunicazione e momento di condivisione.

DANZA & SCULTURA

La scultrice Małgorzata Chodakowska ha trovato nella rappresentazione della danza la più felice espressione della bellezza e dell’armonia, nonché il soggetto ideale per donare alla scultura, arte dell’immobilità, il movimento. Le sue ballerine, realizzate in bronzo, sono delle fontane nelle quali l’acqua disegna dei romantici tutù.

DANZA & TECNOLOGIA

L’applicazione delle tecnologie digitali ha offerto nuove possibilità per la creazione artistica. Un esempio è Asphyxia di Maria Takeuchi e Frederico Philipps, film sperimentale che, coniugando danza e motion capture, esplora il rapporto tra corpo e tecnologia, ossia tra la materialità messa in campo dal danzatore e l’immaterialità dell’informatica. I sensori Xbox Kinect hanno catturato il movimento della performer Shiho Tanaka trasformandolo in una nuvola di dati che, attraverso programmi di simulazione dinamica e dispositivi 3D, hanno dato origine a incredibili immagini.

DANZA & PITTURA

Nel 1929 Clarice Beckett, esponente del tonalismo australiano e tra le principali artiste donne del primo Novecento, dipinse Anna Pavlova in una delle sue più famose interpretazioni: La morte del cigno di Michel Fokine. Con pennellate evanescenti in grado di restituire la percezione del movimento, nello specifico il pas de bourrée suivi che contraddistingue l’intero assolo coreografico, la pittrice colse la struggente poesia della ballerina nell’interpretare il canto di un cigno morente.

danza & moda

Portavoce di una visione della moda che trascende i propri confini, Iris van Herpen intreccia un dialogo collaborativo con altre discipline: dall’architettura alle arti visive, dalla matematica all’astronomia. Tra le varie relazioni quella con la danza esemplifica la visione estetica della fashion designer olandese. Nella progettazione della collezione “Meta Morphism”, Iris van Herpen ha collaborato con il regista Michael Langan per catturare attraverso la cronofotografia il movimento della ballerina Yuanyuan Zhang, fonte d’ispirazione per il taglio degli abiti.

DANZA & CINEMA

Nel 1967 il regista Norman McLaren, tra i massimi esponenti del cinema sperimentale del dopoguerra, realizzò Pas de deux, film ipnotico che moltiplicò sullo schermo i movimenti della danza. I ballerini Margaret Mercier e Vincent Warren furono ripresi su uno sfondo e un pavimento completamente neri con una velocità di 48 fotogrammi al secondo. La moltiplicazione delle immagini dei ballerini fu poi eseguita in una fase successiva con una stampante ottica.

DANZA & POESIA

Il poeta, saggista ed editore James Laughlin dedicò una poesia a Martha Graham, la capofila della modern dance che, prendendo le distanze dalla tradizione della danza accademica, sviluppò una nuova ricerca sulle possibilità espressive del corpo. Laughlin riuscì a cogliere alcune coordinate della danza di Martha Graham: la gravità, ossia il senso di aderenza al suolo (“beats the ground”) e l’ardente espressività del corpo (“burns herself away”).

Silvia Mozzachiodi

MOVEment: il dialogo creativo di danza, moda e cinema

Marie-Agnès Gillot

Ideato nel 2015, MOVEment è un progetto di AnOther Magazine che ha sondato la relazione tra danza e moda non sul palcoscenico o in passerella ma all’interno dell’inquadratura cinematografica. La sua qualità risiede nella ricerca di un’associazione ideale tra le tre discipline, conseguita grazie al rapporto collaborativo stretto da coreografi, stilisti e registi nel segno della massima libertà creativa e di un spiccato istinto per la sperimentazione. Scopri (cliccando sulle foto) i sette cortometraggi di MOVEment, ciascuno caratterizzato da precisi proponimenti estetici e formali.

Tanztheater Wuppertal E Prada

Fallen, diretto dal regista Kevin Frilet, riflette la cifra stilistica della compagnia fondata da Pina Bausch. In uno spazio abbandonato, sotto una lieve ma costante pioggia di piume, dieci danzatori danno vita a molteplici storie attraverso l’essenzialità del linguaggio coreografico. I loro movimenti, di una verità emozionale disarmante, rivelano debolezze, inquietudini e sentimenti, raccontati spesso da gesti quotidiani, ora affettuosi ora violenti. Senza dubbio il più poetico dei sette cortometraggi, la caduta delle piume diventa una metafora della fragilità degli esseri umani.

Wayne McGregor e Gareth Pugh

MOVEment segna la terza collaborazione tra il coreografo Wayne McGregor e lo stilista Gareth Pugh. Diretto da Ruth Hogben, il cortometraggio è incentrato sull’astrazione formale del corpo che, frammentato da linee orizzontali o intrappolato in una fitta rete di corde, assume nuove forme. Ad enfatizzare la trasfigurazione del corpo concorrono i giochi di luce e la ripetizione in loop dei movimenti, producendo una serie di illusioni visive.

Russell Maliphant e Iris Van Herpen

In Spatial Reverse, diretto da Warren du Preez e Nick Thornton Jones, il coreografo Russell Maliphant e la stilista Iris Van Herpen radicalizzano una dimensione propria della danza: la metamorfosi del corpo. Fin dalla prima inquadratura, una materia elastica si muove sospesa nell’oscurità: è il tessuto della tunica indossata dalla danzatrice Carys Staton. Dopo aver fluttuato nello spazio come in assenza di gravità, la protagonista riemerge dalla penombra avvolta da un costume che ricorda un bozzolo. In entrambi i casi l’estensione “sartoriale” della sua figura diventa un modo per creare un nuovo corpo o per mostrarlo sotto una forma inedita.

Julie Kent con Jonah Bokaer e Calvin Klein

(), titolo del cortometraggio diretto da Daniel Arsham, suggerisce graficamente la direzione creativa intrapresa dal coreografo Jonah Bokaer: l’astrazione geometrica. In uno spazio dominato da giganti sfere, i movimenti di Julie Kent (storica principal dancer dell’American Ballet Theatre) e Jonah Bokaer tracciano nello spazio linee geometriche, enfatizzando la purezza di una danza lineare che trova un corrispettivo negli abiti creati da Francisco Costa.

Ryan Heffington e Ju Chalayan

Glamour è il cortometraggio Mangekyou del fotografo e regista Jacob Sutton, chiaramente influenzato dall’estetica dei video musicali. La coreografia di Ryan Heffington, eseguita abilmente dal duo giapponese AyaBambi, consiste in rapide sequenze coreografiche di mani e braccia, movimenti decisi come la musica di MikeQ e il taglio degli abiti di Chalayan. Girato in bianco e nero, le danzatrici si stagliano su un fondo neutro, generando un contrasto cromatico che ricorda quello della calligrafia giapponese.

Marie-Agnès Gillot e Alexander McQueen

Pointe, diretto dal regista e artista visivo Daniel Askill (autore del video Chandelier di Sia), nasce dalla collaborazione tra l’étoile Marie-Agnès Gillot e Alexander McQueen. Centrale è il rapporto tra danza e musica, suggellato dal duetto tra la danzatrice e il batterista George Barnett. L’uno di fronte all’altro, il loro dialogo prosegue in un crescendo che culmina nella sospensione in aria della Gillot. La stretta aderenza tra il movimento incorniciato da un lungo abito di pizzo nero e il suono percussivo della batteria si realizza nella condivisione di una energia sferzante.

Jasmin Vardimon e Stephen Jones Millinery

Il cortometraggio di Matthew Donaldson, realizzato per la casa automobilistica Ford in collaborazione con il modista Stephen Jones Millinery, esplora il concetto di body mapping attraverso la coreografia di Jasmin Vardimon. Il corpo della danzatrice diventa una tela bianca che progressivamente accoglie i segni tracciati dalla mano con un pennarello nero. I movimenti, fluidi e dinamici, suggeriscono la dimensione gestuale della pittura anche nelle sequenze prive di pennarello. Nota di spicco il cappello realizzato da Stephen Jones Millinery che, ispirato al poggiatesta della macchina, si trasforma in un oggetto scultoreo.

Silvia Mozzachiodi