“GOD’s FORMULA – The Movie” di Diego Tortelli e Miria Wurm

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GOD’s FORMULA – The Movie, disponibile su dringeblieben.de, è la trasposizione cinematografica dell’omonima creazione di Diego Tortelli (coreografia) & Miria Wurm (drammaturgia). Diretto dal danzatore e fotografo Jubal Battisti, il film è un adattamento che, impiegando con accortezza le specifiche risorse del dispositivo cinematografico quali il movimento della camera e il montaggio, presenta un avvincente rapporto tra danza e cinema.

La macchina da presa, lungi dall’offrire una visione statica e distaccata della performance, è immersa nell’azione coreografica, è un corpo che danza tra i corpi dei danzatori con musicalità e dinamismo. In una contemplazione che lascia trapelare una tangibile meraviglia, ogni inquadratura reca una particolare attenzione per la bellezza plastica dei movimenti, la tensione muscolare dei corpi, la geometria delle forme, il gioco di luci e ombre. I movimenti della camera, complementari al ritmo della musica di Federico Bigonzetti, si inscrivono nello spazio scenico mostrando l’articolata costruzione coreografica da varie angolazioni, inaccessibili al pubblico durante la performance live in teatro.

GOD’s FORMULAThe Movie offre un differente sguardo sulla performance, mediato dalla macchina da presa ma esclusivo perché intrinseco alla danza. Il film esalta l’astrazione poetica del linguaggio coreografico di Diego Tortelli ed enfatizza l’atmosfera di un lavoro che, ispirato alle Tavole rudolfine di Keplero e al libro The God’s Equation – The Search for the Theory of Everything del fisico Michio Kaku, ha per concept la ricerca di una formula divina per una maggiore comprensione dell’universo.

Silvia Mozzachiodi

L’Heure Exquise di Maurice Béjart

In scena al Teatro Regio di Parma sabato 4 marzo, L’Heure Exquise è un gioiello di danza e di teatro, incastonati splendidamente dalla singolare inventiva di Maurice Béjart. Creato appositamente per Carla Fracci e Micha van Hoecke nel 1998, per anni è caduto nell’oblio, probabilmente per la difficoltà di misurarsi con la spiccata dimensione teatrale confezionata ad hoc, come un vestito, per il duo Fracci e van Hoecke. Nel 2021 L’Heure Exquise ha rivisto finalmente la luce nell’interpretazione di Alessandra Ferri che lo ha scelto per celebrare i 40 anni della sua carriera, iniziata al Royal Ballet nel 1981, e che continua a presentare sull’onda di un successo inarrestabile. Specchio di una visione della danza quale espressione di un teatro totale, la pièce mette in luce l’autenticità interpretativa e la sensibilità teatrale di Alessandra Ferri, qualità in comune con Carla Fracci. Generazioni diverse ma entrambe danzatrici attrici, mirabili nel dare voce ad un’arte silenziosa attraverso la poesia del movimento.

L’Heure Exquise si ispira a Oh, les beaux jours (Giorni felici) di Samuel Beckett, un dramma considerato tra i momenti più alti della produzione del drammaturgo e della letteratura teatrale della seconda metà del Novecento. Come suggerisce il sottotitolo, Variazioni su un tema di Samuel Beckett, Maurice Béjart non realizza un adattamento coreografico vero e proprio, ma una riscrittura coreografica, senza tuttavia smarrire lo spirito dell’opera. Winnie, la protagonista del testo di Beckett, diviene una ballerina “âgée” che rivive con malinconia i giorni felici della sua vita. Il marito Willie, interpretato da Thomas Whitehead (Principal Character Artist del Royal Ballet), diventa invece un suo ex partner. Altrettanto geniale è la reinvenzione della famosa immagine scenica della collina di sabbia, che sommerge Winnie, in una rosea duna di 3000 scarpette da punta.

La felicità della protagonista, chiave del dramma teatrale, si lega qui alla carriera della ballerina, raccontata con frammenti di vita, sprazzi di memoria, ricordi di una professione che richiede forza e disciplina. Non mancano nella coreografia citazioni tratte dai grandi balletti, Romeo e Giulietta per Alessandra Ferri (Giselle per Carla Fracci), un ruolo che ha interpretato magistralmente. Sulle note di Anton Webern, Gustav Mahler, Wolfgang Amadeus Mozart e Franz  Lehár, L’Heure Exquise è il ritratto di un’arte che coniuga passione e lavoro, un atto d’amore per il mondo della danza.

Silvia Mozzachiodi

“Revelations” di Alvin Ailey: quando la danza è depositaria di una memoria storica

Revelations di Alvin Ailey. Alvin Ailey American Dance Theater. Credit Photo: Paul Kolnik
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Nel pieno del movimento per i diritti civili degli afroamericani, il ventinovenne Alvin Ailey, tra i massimi rappresentanti della black dance, rappresentò la propria comunità con un lavoro divenuto un manifesto della sua produzione coreografica e un caposaldo della cultura afroamericana: Revelations (1960). Un titolo più simbolico non poteva essere scelto perché, in un panorama teatrale adombrato dalle discriminazioni razziali, dare voce all’esperienza culturale e artistica degli afroamericani fu una vera e propria rivelazione, oltre che un atto di coraggio. La danza diventò una forma di rappresentazione culturale e uno strumento di integrazione sociale, obiettivi perseguiti dal coreografo fin dalla fondazione dell’Alvin Ailey American Dance Theater nel 1958 e premiati tardivamente – 25 anni dopo la sua morte – con il conferimento della Presidential Medal of Freedom nel 2014.

Revelations, coreografato su vari generi della musica afroamericana come spiritual, gospel e blues, racconta il cammino del popolo afroamericano dalla schiavitù alla libertà. La prima parte, intitolata Pilgrim of Sorrow, rappresenta il legame dell’uomo alla terra e la sua speranza di sfuggire alla schiavitù negli Stati del Sud. La seconda sezione, Take Me to the Water, simboleggia l’inizio di una nuova vita con il battesimo di una giovane coppia sulle rive di un fiume, evocato da metri di seta blu che ondeggiano sul palcoscenico. L’ultima parte, Move, Members, Move, è una gioiosa danza corale che rappresenta il momento della gioia e della celebrazione durante la funzione in una chiesa battista.

La forza vibrante del balletto risiede nella bellezza e nella musicalità della danza ma soprattutto nell’autenticità emozionale che è autobiografica. Nato nel violento Texas del 1931, Alvin Ailey ha vissuto la segregazione razziale, ha visto il Ku-Klux Klan, ha lavorato con la madre nei campi di cotone fin dalla tenera età. La sua storia rivive in ogni singolo movimento della coreografia quale testimonianza di un dolore, espressione di forza e di speranza. Soprattutto nella prima sezione, i danzatori cercano di liberarsi da un’opprimente forza – la schiavitù – allungando le mani verso l’alto o stendendo le braccia come degli uccelli pronti a spiccare il volo.

Se alla prima rappresentazione Revelations fu un atto politico di affermazione dell’identità afroamericana, oggi è uno dei lavori più rappresentativi della cultura americana:

Every American owes it to him or herself to see the Ailey [company] perform Revelations. It is an American phenomenon. I’ve probably seen it countless times and every time it’s magical and spiritual and hopeful – everything that we want ourselves to be and hope that our country will be.

OPRAH WINFREY

Revelations è depositario di una memoria, da custodire ancor più nell’attuale frangente storico, che vede riaffiorare pericolosi sentimenti nostalgici, per ispirare nelle nuove generazioni i valori dell’uguaglianza e della giustizia, del dialogo e dell’unione. Per estensione, il lavoro di Alvin Ailey fa appello a valori universali.

Silvia Mozzachiodi