Giselle, la sua storia al di là del muro

Disponibile su RaiPlay per quattro giorni

Tamara Rojo in Giselle di Akram Khan Tamara. Foto di Jason Bell

Dalla prima rappresentazione al Teatro dell’Opéra di Parigi nel 1841, Giselle ha conosciuto un successo senza fine, imperituro come le Villi del secondo atto. Danzato e rivisitato dalle più importanti compagnie del mondo, il balletto è disponibile su RaiPlay nella rilettura contemporanea dell’acclamato coreografo anglo-bengalese Akram Khan. Creato nel 2016 per l’English National Ballet, allora diretto da Tamara Rojo che tra l’altro ne interpreta il ruolo principale, il balletto nasce nel segno di una singolare sinergia collaborativa: la musica di Adolphe-Charles Adam nell’adattamento del compositore Vincenzo Lamagna, le scenografie e i costumi del premio Oscar Tim Yip (La tigre e il dragone di Ang Lee) e le luci del pluripremiato Mark Henderson (vincitore di un Tony Award e di sei Laurence Olivier Awards).

L’universalità della storia, che parla di amore, tradimento e redenzione, consente al coreografo di optare per un’ambientazione contemporanea. Se il libretto di Théophile Gautier e Jules-Henry Vernoy de Saint-Georges riflette pienamente l’immaginario del romanticismo, la rilettura di Akram Khan, rafforzando la contrapposizione sociale tra la contadina Giselle e il nobile Albrecht, interpreta con singolare adesione la disuguaglianza e l’emarginazione sociali. Giselle diventa un’operaia immigrata del XXI secolo, sfruttata in una fabbrica tessile, confinata dietro un gigantesco muro che la separa dai proprietari e dall’altolocato Albrecht. Il muro, protagonista imponente, parla silenziosamente alla memoria collettiva del pubblico, rievocando una lunga serie di immagini che hanno segnato e che continuano a segnare la storia contemporanea.

La struttura narrativa, a differenza di quella musicale, è essenzialmente la medesima. Nel primo atto il ricco Albrecht, travestitosi da emarginato, corteggia Giselle sotto lo sguardo sospettoso di Hilarion, un personaggio ambiguo e geloso, innamorato della giovane fanciulla. Con l’arrivo dei proprietari della fabbrica e della fidanzata Bathilde, Albrecht tenta inutilmente di nascondersi e, costretto a ritornare nel suo mondo, lascia Giselle che impazzisce di dolore e muore. Il secondo atto, dopo una breve scena in cui Albrecht condanna la sua comunità, è ambientato in una spettrale fabbrica, un luogo abbandonato in cui altre operaie hanno lavorato e sono morte. Giselle è accolta da Myrtha, la regina delle Villi, spietati fantasmi che cercano vendetta per i torti subiti nella vita e che uccidono brutalmente Hilarion sopraggiunto sulla tomba di Giselle. A seguire arriva Albrecht, perdonato e salvato da Giselle che sfida apertamente l’autorità di Myrtha. Mentre Giselle scompare per sempre dietro il muro, Albrecht resta da solo, emarginato anche dalla sua comunità.

Akram Khan, fondendo il linguaggio della danza accademica con quello della danza contemporanea senza dimenticare le proprie radici culturali, crea uno stile coreografico risonante, incisivo, viscerale. Nel primo atto il coreografo enfatizza le sfumature e i contrasti contrapponendo alla fredda gestualità dei proprietari della fabbrica la pulsione vitale della comunità operaia. Momento topico è la scena della pazzia che non impiega azioni pantomimiche come nella versione originale. La danza è in grado di esprimere la vasta gamma dei sentimenti che accompagnano gli ultimi istanti della vita di Giselle: il dolore nella convulsa ripetizione dei movimenti, l’alienazione mentale nel vortice coreografico che la accerchia mentre è rannicchiata, la follia nelle rapide rotazioni.

Nel secondo atto Akram Khan, per non perdere il legame con la versione originale, ricorre a due espliciti riferimenti. Il primo consiste nell’impiego delle punte per le Villi quale espressione poetica di un corpo proteso verso un mondo soprannaturale. Il secondo richiama un passaggio distintivo del secondo atto, ossia il fluttuare delle Villi in arabesque. Tuttavia questo elemento coreografico, liberato dalla leggerezza che connota la versione romantica, è caricato di una aggressività che sottolinea il sentimento della vendetta. Le Villi hanno i capelli sciolti, gli abiti consunti dal tempo, armi che destreggiano come guerriere. Commovente il passo a due finale tra Giselle e Albrecht, danzato all’ombra dell’implacabile Myrtha sull’orlo tra la vita e la morte.

Silvia Mozzachiodi