Anne Teresa De Keersmaeker e la danza nei musei

Foto di Anne Van Aerschot

Il desiderio della danza di portare la propria presenza anche al di fuori dei contesti teatrali incontra quello dei musei di ospitare nei propri spazi diverse discipline. Dal 23 novembre al 10 dicembre, nell’ambito del Festival d’Automne di Parigi, la coreografa belga Anne Teresa de Keersmaeker presenta al Museo del Louvre Forêt, un progetto museale-performativo creato per una nuova generazione di undici danzatori in collaborazione con il coreografo Némo Flouret. Traendo ispirazione dai quadri italiani e francesi che costellano l’ala Denon, il lavoro sviluppa una riflessione sulla cultura visiva e sul regime moderno dello sguardo, sul corpo del danzatore in relazione alla pittura e all’architettura. La danza attiva risonanze, sviluppa un dialogo tra il cristallizzarsi del tempo, esemplificato dalle opere d’arte, e il fluire della vita, rappresentato dal movimento.

Forêt rappresenta l’ultimo tassello di una ricerca intrapresa da Anne Teresa de Keersmaeker dieci anni fa ed incentrata sull’esplorazione della danza nei musei. Tra il 2011 e il 2012 la coreografa porta per la prima volta la sua scrittura coreografica all’interno di due istituzioni di rilievo: Violin Phase al MoMA di New York e Fase: Four Movements to the Music of Steve Reich alla Tate Modern di Londra. Le due performance, pur essendo eseguite in ambienti dove la fruizione dei visitatori è estremamente fluida dal punto di vista temporale e spaziale, conservano le convenzioni dello spettacolo performativo.

Nel 2015 Anne Teresa de Keersmaeker riprende la riflessione sulla trasposizione della danza dal Black Box (scatola scenica) al White Cube (spazio espositivo) introducendo un radicale cambiamento di prospettiva: può la coreografia diventare una mostra? Il risultato è Work/Travail/Arbeid, una re-interpretazione di Vortex Temporum (2013), uno dei suoi lavori più celebri su musica di Gérard Grisey, creata appositamente per il WIELS di Bruxelles. In questo caso la riscrittura coreografica per il museo comporta l’adozione di una serie di codici temporali e spaziali che sono totalmente diversi da quelli del teatro. L’estensione temporale della performance ad un ciclo di nove ore, l’abolizione della frontalità e il superamento del confine tra danzatore e spettatore nella condivisione dello spazio introducono nuove possibilità di fruizione dell’evento performativo. I visitatori-spettatori, liberi di avvicinarsi per focalizzare l’attenzione sui dettagli o di spostarsi per cambiare il proprio angolo di osservazione, hanno un ruolo attivo nel determinare la propria esperienza. Nel corso degli anni Work/Travail/Arbeid è stato riadattato per il Centre Pompidou di Parigi e la Tate Modern di Londra (2016), il MoMA di New York (2017), il Mudam di Lussemburgo e il Volksbühne di Berlino (2018).

Nel 2019 The Dark Red Research Project segna una nuova fase improntata alla sperimentazione e creazione di un linguaggio coreografico specifico per gli spazi museali. Presentato per la prima volta all’M HKA di Anversa, il progetto cambia a seconda della cornice nella quale si inscrive: il Kolumba di Colonia (2020), la Fondation Beyeler di Basilea e il Louvre-Lens (2021), la Neue Nationalgalerie di Berlino (2022). Ogni museo, portavoce di una propria storia e cultura, attiva differenti strategie relazionali e pertanto diversi meccanismi di allestimento coreografico che reinterpretano le collezioni e l’architettura delle varie istituzioni.

Silvia Mozzachiodi

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