La passione per il ballo di Piet Mondrian

Nel giro di una settimana il nome di Piet Mondrian, pittore olandese della prima metà del Novecento, è apparso su tutti i giornali con una notizia alquanto curiosa: uno dei suoi quadri più famosi, New York City I (1942), è stato esposto per più di settant’anni al contrario. L’errore, già scoperto dall’artista italiano Francesco Visalli nel 2021, è stato reso pubblico da Susanne Meyer-Büser, curatrice della mostra “Mondrian Evolution” in corso al museo Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf.

Fondatore del Neoplasticismo, Piet Mondrian è tra gli artisti più influenti del XX secolo. Spinto dal desiderio di cogliere l’universale, ha progressivamente abbandonato la rappresentazione figurativa della realtà per abbracciare un’idea astratta della pittura, caratterizzata da un’essenzialità geometrica di linee ortogonali e colori primari (rosso, giallo e blu). Secondo il pittore questo nuovo senso estetico, che avrà una decisiva influenza anche sul design e sull’architettura, non riguarda la sola pittura ma deve essere applicato a tutte le arti quale comune denominatore di una cultura intesa nella sua totalità creativa. Tra le discipline considerate non manca la danza, una forma d’arte sulla quale Mondrian sviluppa una singolare riflessione in Natural Reality and Abstract Reality (1919-1920), un saggio in forma di dialogo tra X (naturalistic painter), Y (art-lover) e Z (abstract-realist painter):

Today the dance, the dance which has some subtlety, as well as the music, to which, or rather against which one dances, expresses a duality of two equivalent elements. The straight line is the plastic expression of this fact. In music, the various rhythms oppose each other, as they oppose the melody, and as the steps of the dance oppose each other. Thus a much greater unity is achieved.

Piet Mondrian

Mondrian nutre un sincero interesse per il ballo, coltivato prima in Olanda, dove è soprannominato dai colleghi “The Dancing Madonna”, e poi a Parigi, dove è affascinato dalle esibizioni della danzatrice Joséphine Baker, frequenta regolarmente le sale da ballo e prende lezioni di fox-trot, ripetendo i passi nel proprio studio con grande rigore. Il suo trasporto è così profondo che, in un’intervista rilasciata al quotidiano “De Telegraaf” nel 1926, critica duramente l’Olanda per aver proibito il charleston: “Se questo divieto rimarrà in vigore, lo considererò un motivo sufficiente per non mettere più piede in quel Paese”.

La passione per il ballo si riflette inevitabilmente nella sua arte. Durante il soggiorno parigino il fox-trot ispira due tele: Fox Trot A (1930) e Fox Trot B (1929), oggi conservate alla Yale University Art Gallery. Oltre ad esemplificare la rigorosa essenzialità geometrica e cromatica ricercata dall’artista, le due opere rispecchiano il suo interesse per l’equilibrio e l’armonia. A New York, dove si trasferisce per sfuggire alla Seconda Guerra Mondiale, Piet Mondrian scopre la forza propulsiva del boogie-woogie:

True Boogie-Woogie I see as similar in intention to mine; destruction of melody (natural aspect) construction through continuous oppositions of pure means. Dynamic rhythm.

Piet Mondrian

La vitalità ritmica di questo ballo è tradotta nei quadri Broadway Boogie-Woogie (1942-1943) e Victory Boogie-Woogie (1944, incompiuto). In entrambi le linee rette, non più nere ma gialle, formano piccoli quadrangoli colorati che, nel loro dinamismo, generano una danza che sembra tendere all’infinito.

Silvia Mozzachiodi