Salvador Dalí e Walt Disney: il singolare “Destino” della loro collaborazione

Per più di mezzo secolo gli Archivi Disney hanno custodito l’eccezionale e incompiuta collaborazione tra Walt Disney, pioniere dell’animazione cinematografica, e Salvador Dalí, tra i massimi interpreti del Surrealismo. Dalla commistione dei loro linguaggi artistici nacque il progetto di un cortometraggio d’animazione surrealista: Destino. Pensato dal pittore spagnolo come “una magica esposizione della vita nel labirinto del tempo”, il corto doveva rappresentare la storia di due amanti uniti dal sentimento ma divisi dal destino. Per otto mesi, nel 1945, Salvador Dalí lavorò presso gli studi della Walt Disney Production collaborando a stretto contatto con il celebre animatore John Hench e realizzando cinque dipinti e settanta disegni.

Improvvisamente un destino avverso calò sulla produzione, interrotta per le sopraggiunte difficoltà finanziarie causate dalla seconda guerra mondiale. Nonostante il tentativo di John Hench di riaccendere l’interesse della Disney con un test d’animazione – 17 secondi nel corso dei quali due teste, giganti e deformi, si uniscono creando il profilo di una ballerina – il progetto fu abbandonato e il materiale creativo archiviato. Ma Destino era destinato alla visione. Nel 2003 il nipote di Walt Disney, Roy Edward, riprese il progetto e ne affidò la realizzazione al regista Dominique Monfery che, nella difficoltà di interpretare le originarie intenzioni di Salvador Dalí, coinvolse nuovamente John Hench, allora novantaduenne.  

Destino racconta la storia d’amore tra Chronos, personificazione del tempo, e una ballerina dalla lunga chioma bruna. La coppia si cerca con ardore sulle note dell’omonima canzone del compositore messicano Armando Domínguez. Tra architetture fantastiche e trasformazioni oniriche, il cortometraggio è un viaggio nei labirintici desideri dei due amanti che, in uno spazio-tempo irreale, fluido e senza limiti, tentano di ritrovarsi sfidando il misterioso potere del destino che ostacola ogni loro avvicinamento.

Il film riflette pienamente l’immaginario artistico di Salvador Dalì: dagli orologi molli di La persistenza della memoria (1931) alle lunghe e sottili zampe della luna che rievocano quelle dell’elefante in Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio, 1944); dalle formiche che fuoriescono dalla mano in Un chien andalou di Luis Buñuel (1929) ai bulbi oculari di Io ti salverò di Alfred Hitchcock (1945). Anche la danza, presenza fondamentale in Destino, è un tema ricorrente della sua produzione: da Composizione satirica (1923), opera ispirata a La Danza di Henri Matisse, a Dancer – Skull (1939), fusione tra una ballerina con il tutù e un teschio.

In un cortometraggio traboccante di un criptico simbolismo, la danza è la chiara espressione della felicità e della libertà. Tre sono le sequenze coreografiche disegnate da Dalì per il personaggio femminile. Nella prima sequenza la fanciulla balla radiosa e senza freni lungo una torre a spirale. Nella seconda, dopo essersi congiunta con l’ombra di un campanile che ricorda la figura stilizzata di una ballerina, si abbandona ad una danza così gioiosa e spensierata che la testa si trasforma in un dente di leone, lasciando la sua essenza libera di fluttuare nell’aria. Nella terza sequenza la ballerina, formatasi dall’accostamento di due volti grotteschi, danza sulle punte di fronte agli occhi increduli dell’amante vestito da giocatore di baseball. Anche in questo caso la testa della ragazza si trasforma magicamente in una palla da baseball che, colpita con una mazza, va dritta nel guantone di Chronos che diventa il suo cuore.

Premiato al Festival Internazionale del film d’animazione di Annecy nel 2003 e nominato agli Oscar nel 2004, Destino rappresenta il trionfo di una collaborazione visionaria.

Silvia Mozzachiodi