The Winter’s Tale di Christopher Wheeldon

The Winter's Tale di Christopher Wheeldon

Su Royal Opera House Stream fino al 27 febbraio

William Shakespeare è l’autore che, più di ogni altro, ha ispirato e continua ad ispirare l’immaginazione e la creatività dei coreografi. Il mondo del balletto, in particolare, pullula di soggetti shakespeariani: dalle tragedie come Romeo e Giulietta, senza dubbio quella con il maggior numero di trasposizioni coreografiche, alle commedie come Sogno di una notte di mezza estate.

Nel 2014 il coreografo inglese Christopher Wheeldon, Artistic Associate del Royal Ballet, ha creato il primo adattamento coreografico della penultima opera teatrale di William Shakespeare: The Winter’s Tale (1610 – 1611), un dramma romanzesco che ben si presta ad un approccio coreografico non soltanto per la presenza al suo interno di espliciti riferimenti alla danza ma soprattutto per la ricchezza del testo, dall’universalità dei temi affrontati alla modernità dei personaggi. Di fronte alla grandezza dell’impresa, ossia catturare la poesia e l’essenza dell’opera shakespeariana, Christopher Wheeldon ha chiamato il compositore Joby Talbot e lo scenografo Bob Crowley, suoi collaboratori per il balletto Alice’s Adventures in Wonderland (2011).

Operando all’interno di quella tradizione del balletto dove soggetto, danza e musica concorrono all’unità dell’opera, Christopher Wheeldon e Joby Talbot hanno per prima cosa redatto il libretto, di fondamentale importanza nell’adattamento di un’opera teatrale così complessa. The Winter’s Tale è la storia (in sintesi) di Leonte, re di Sicilia che, accecato da un’improvvisa e infondata gelosia, accusa la moglie Ermione, in dolce attesa, di avere una relazione con l’amico d’infanzia Polissene, re di Boemia. Temendo che la moglie porti in grembo il frutto di un adulterio, Leonte cerca prima di uccidere Polissene, poi fa condurre Ermione in prigione, dove nasce la piccola Perdita che viene ripudiata e abbandonata in Boemia. Dopo aver causato con la sua gelosia la morte del figlio primogenito Mamilio, stroncato dal dolore, e quella (apparente) di Ermione, Leonte ritorna alla realtà, consumato dal senso di colpa. Sedici anni dopo Perdita, salvata e cresciuta da un pastore nella luminosa Boemia, ha una relazione con Florizel, il figlio di Polissene. Il loro amore, dopo varie vicissitudini, porterà un lieto fine.

Strutturando il balletto in un prologo e tre atti, Christopher Wheeldon e Joby Talbot hanno dimostrato una particolare abilità drammaturgica nel saper sintetizzare la storia shakespeariana, nel rendere efficacemente lo svolgimento dell’azione e nel tratteggiare la psicologia dei personaggi principali. L’adattamento coreografico di un testo è sempre un’operazione complessa che comporta un processo di traduzione dalla pagina scritta alla danza, dalla parola al movimento. Come rappresentare gli antefatti della storia? Un esempio la profonda amicizia tra Leonte e Polissene, così narrata da Camillo, barone di Sicilia, all’inizio del dramma:

Sono cresciuti insieme da bambini
e s’è da allora radicata in loro
una tale affettuosa fratellanza,
che non può che ramificare ancora.

Come dire al pubblico il nome dei personaggi e le loro reciproche relazioni? Per poter restituire tutte queste informazioni, coreografo e compositore hanno adottato alcune soluzioni drammaturgiche e visuali per facilitare la comprensione del balletto. L’amicizia tra Leonte e Polissene, ad esempio, è mostrata visivamente nel prologo impiegando due bambini, mentre il legame sanguigno tra Leonte, Ermione e Perdita è rappresentato da uno smeraldo – assente nell’opera di Shakespeare – regalato alla regina dal re e in seguito lasciato nella cesta della neonata.

Una volta definito il libretto, Joby Talbot ha iniziato a scrivere la musica. Pur avendo composto più volte per la danza e avendo già collaborato con Christopher Wheeldon, la principale sfida è stata la funzione drammaturgica della musica, ossia la sua capacità di raccontare la storia, di descrivere le atmosfere, di esprimere gli stati d’animo dei personaggi.

Completata la partitura, Christopher Wheeldon ha iniziato a creare il balletto lasciandosi ispirare sia dalla musica che dal lavoro con i danzatori. La coreografia, attraverso una dettagliata cura dei gesti, emotivamente risonanti anche nei più piccoli dettagli, dà forma ai pensieri e ai sentimenti dei personaggi, in particolare alla folle gelosia di Leonte, il motore del balletto. Il coreografo decide di enfatizzare il primo e insano moto di gelosia creando una scena di forte impatto visivo. Durante le danze di corte Ermione prende la mano del marito e quella di Polissene per far sentire ad entrambi la bambina che scalcia. Improvvisamente l’azione si ferma e scende l’oscurità. Leonte, folgorato dal sospetto di un adulterio, ritrae la mano articolando le dita con turbamento. È un gesto emblematico, espressione di una gelosia che inizia a serpeggiare – proprio come la linea musicale del flauto – nel corpo di Leonte fino a impadronirsi della mente. I suoi movimenti, diventati distorti e stridenti, ritraggono perfettamente le parole di Shakespeare come il battito accelerato (“tremor cordis”) e il progressivo annebbiamento mentale (“sento che mi s’intorbida il cervello”).

The Winter’s Tale con Lauren Cuthbertson e Edward-Watson © ROH -Johan Persson 2014

Altrettanto avvincente è la successiva scena che dimostra quanto la gelosia di Leonte sia totalmente immotivata. Ermione e Polissene danzano di fronte a quattro statue, ignari di esseri osservati da Leonte. Quando la scena è illuminata, i loro movimenti rivelano un’amicizia sincera e innocente. Quando invece cala l’oscurità e Leonte è l’unico sotto i riflettori, i movimenti mostrano la passione che soltanto il re vede. Questa alternanza di luce e oscurità aiuta così a distinguere la realtà dall’immaginazione.

Un’altra peculiarità del balletto è il dualismo a livello coreografico, musicale e visivo tra il primo atto in Sicilia, furiosamente tragico e cupo, e il secondo in Boemia, festoso e luminoso. Qui il passo a due tra Perdita e Florizel, preceduto da danze piene di vita, esprime con gioia la spensieratezza e la freschezza dell’innamoramento giovanile. L’ultimo atto, passando attraverso il rimorso e il rimpianto e dopo il “miracoloso” ritorno alla vita di Ermione, finirà in una sorta di redenzione poetica.

Silvia Mozzachiodi