Ballet For Life, il tributo di Maurice Béjart a Freddie Mercury

Freddie Mercury
Freddie Mercury

Un nome, un destino. Così è stato per Freddie Mercury, nome d’arte del leggendario frontman dei Queen. Mercury come Mercurio, il messaggero degli dei. Un nome “divino” che prefigurò la sua immortalità, conquistata con la musica e la magia della sua voce, incredibile in estensione e coloratura. Istrionico e carismatico, Freddie Mercury è stato la rockstar con un innato senso per la teatralità e per la danza, un performer esplosivo e magnetico, padrone della scena e del pubblico, un compendio di espressività e musicalità.

Non a caso amava il balletto e in una famosa intervista rilasciata a Tony Stewart nel 1977 dichiarò: “I’m bringing ballet to masses”. Nel 1979 partecipò con il Royal Ballet ad uno spettacolo di beneficenza al London Coliseum e nel 1984 incluse nel video musicale di I Want To Break Free una breve sequenza ispirata a L’Apres-Midi d’un Faune del leggendario ballerino e coreografo Vaslav Nijinsky.

A destra Freddie Mercury nel video musicale di I Want To Break Free; a sinistra Vaslav Nijinsky in L’Apres-Midi d’un Faune.

Oggi ricorre il trentesimo anniversario della sua morte. Perché non ricordarlo con Ballet For Life di Maurice Béjart su musica dei Queen, di Wolfgang Amadeus Mozart e con i costumi di Gianni Versace? Creato nel 1996, il balletto è un sentito tributo a Freddie Mercury e a Jorge Donn, storico ballerino della compagnia di Béjart. Due artisti accomunati da uno stesso destino, fatto di quattro lettere: Aids, la malattia che li portò via a soli 45 anni. È un balletto commemorativo, nato sull’onda del dolore, che vuole ricordare, unire e sensibilizzare. “Why is love making war on us?” è la domanda rivolta al pubblico da un danzatore, un interrogativo che racchiude il dramma di una malattia dove l’amore non porta vita ma genera morte.

Ballet For Life è un esempio di teatro totale, uno spettacolo in cui diversi linguaggi – danza, musica, recitazione – si relazionano senza gerarchie. La coreografia, una fusione tra la tecnica accademica e il vocabolario della danza moderna, dialoga perfettamente con la musica dei Queen. I Was Born To Love You, Radio Ga Ga, Bohemian Rhapsody e I Want To Break Free sono alcune delle celebri canzoni della band che accompagnano la grande forza espressiva dei danzatori.

Strutturato in una sequenza di assoli, passi a due e scene d’insieme, il balletto intreccia la vita alla morte, un binomio che si riflette anche nel bianco e nero dei costumi e nella contrapposizione tra la musica dei Queen e quella di Mozart. Espliciti sono i riferimenti visivi a Freddie Mercury, dai costumi ispirati a quelli indossati nei concerti – il chiodo in pelle e il mantello con la corona – alle immagini dei video musicali These Are The Days Of Our Lives e I’m Going Slightly Mad, trasmessi su dei monitor ai piedi di un danzatore con indosso delle grandi ali. Altrettanto significativo il ricordo di Jorge Donn, mostrato su un megaschermo mentre danza uno dei suoi cavalli di battaglia, Nijinski, clown de dieu di Béjart.

Le allusioni alla malattia sono ricorrenti: due barelle d’ospedale sulle quali danza una giovane coppia; le gigantografie delle radiografie di uno scheletro umano; l’uomo in nero, allegoria della morte. Anche se la malattia è una presenza impregnante e la morte aleggia continuamente, Ballet For Life rappresenta il trionfo della vita, un’esplosione di vitalità e speranza che culmina nell’apoteosi finale sulle note di The Show Must Go On. Lo spettacolo deve andare avanti, così come la vita. Ma il sipario su Freddie Mercury non calerà mai.

Silvia Mozzachiodi