
Nonostante siano trascorsi più di cento anni dalla sua morte, il fascino seduttivo di Margaretha Geertruida Zelle, in arte Mata Hari, non è mai tramontato. Famosa danzatrice della Belle Époque e spia durante la prima guerra mondiale, la sua vita ha continuato ad ispirare il mondo dell’arte con film e romanzi. Proprio in questi giorni è in scena al Dutch National Ballet Mata Hari, balletto in due atti di Ted Brandsen su musica di Tarik O’Regan e con la scenografia di Clement & Sanôu.
Il libretto, scritto da Janine Brogt, ripercorre la vita di Mata Hari attraverso brevi scene che si susseguono rapidamente e senza soluzione di continuità. Il primo atto descrive la giovinezza di Margaretha: dall’abbandono del padre all’affidamento agli zii, dall’insofferenza per la rigida educazione ricevuta che alimenta la sua sete di libertà all’incontro con l’ufficiale Rudolphe MacLeod, un amore fulmineo e travolgente sigillato dal matrimonio. Ma la felicità coniugale sfuma rapidamente, segnata dai litigi e soprattutto dalla morte del figlio Norman di due anni. Separatasi dal marito che le porta via la figlia Jeanne, Margaretha decide di tentare la fortuna nella capitale dell’arte e del divertimento, Parigi, cuore della Belle Époque. Mettendo a profitto le danze che aveva visto in Indonesia dove si era trasferita con il marito, Margaretha si reinventa diventando Mata Hari, la danzatrice esotica dal fascino irresistibile. Il successo è folgorante: acclamata come una star dal pubblico, contesa dai più famosi salotti e palcoscenici parigini, desiderata e amata da uomini di alto rango.
Il secondo atto si apre con la tournée in Europa: Madrid, Il Cairo, Vienna, Milano. In seguito il successo inizia a svanire, gli ingaggi sfumano e i riflettori sono puntati su una nuova danzatrice, Isadora Duncan. Le avversità non spengono l’inventiva di Mata Hari che tenta, senza successo, di entrare nella famosa compagnia dei Ballets Russes di Diaghilev. Con l’incombere della Grande Guerra, le difficili circostanze la portano ad offrire i suoi servizi come agente segreto, prima alla Germania e poi alla Francia, con conseguenze fatali. Accusata di controspionaggio, dopo un rapido processo e nonostante l’inconsistenza delle prove è condannata alla pena capitale: la fucilazione.

Il ritmo del balletto, così fluido da sembrare – per usare un’espressione cinematografica – un lungo piano sequenza, vuole restituire al pubblico il palpito febbrile che ha caratterizzato la vita di Mata Hari, ricca di avvenimenti e incontri. La fluidità della rappresentazione è inoltre rafforzata dal senso di continuità della musica, ottenuto mediante un’attenta calibrazione tra i vari raccordi narrativi, e dalla presenza di un’unica ambientazione scenografica: la sala di una stazione, simbolo di una vita vissuta a pieno.
La ricercatezza della produzione traspare anche negli oltre trecento costumi disegnati da Francois-Noel Cherpin che accompagnano il pubblico in un viaggio visivo dove i colori diventano una precisa modalità stilistica per enfatizzare le diverse fasi della vita di Margaretha/Mata: il grigio tenue e il lilla che rievocano i paesaggi e i cieli olandesi nel periodo della giovinezza; tonalità chiare e il bianco in Indonesia; l’esplosione cromatica negli anni trionfali a Parigi; tinte più scure in tempo di guerra, quando la vita ha perso il suo colore.
L’intento perseguito dal coreografo è di realizzare un ritratto mettendo da parte le questioni morali e ponendo l’accento sulla personalità di Mata Hari, forte e coraggiosa, indipendente e anticonformista. Una donna affascinante che ha vissuto secondo le proprie regole, che non si è arresa di fronte alle difficoltà, che ha saputo prendere il controllo della propria vita. Fino all’ultimo giorno ha tenuto con fierezza la testa alta, persino poco prima dell’esecuzione rifiutando la benda e guardando negli occhi i soldati.

Il ruolo di Mata Hari richiede pertanto, oltre ad una forte tecnica, grandi doti attoriali, indispensabili per interpretare un personaggio dai molti volti: danzatrice e spia, moglie e amante, madre e femme fatale. La prima ballerina ad aver danzato la parte di Mata Hari nel 2017 (anno di creazione del balletto) è stata Anna Tsygankova, Principal Dancer del Dutch National Ballet. La sua magistrale esibizione – disponibile su Medici.tv – è contraddistinta da una forte sensibilità teatrale e da una straordinaria capacità di raccontare attraverso il movimento i sentimenti del suo personaggio anche nei più difficili passaggi tecnici, eseguiti sempre con grande naturalezza. La sua interpretazione, che nel corso del balletto si colora di varie sfumature emotive, è così vera che il suo volto, da autentica tragédienne, si riga di lacrime.
Mata Hari di Ted Brandsen non solo esemplifica la forza travolgente del balletto narrativo, capace di raccontare una storia con grande intensità e di trascinare il pubblico in un vortice di emozioni, ma realizza pienamente il pensiero di Mata Hari: “la danza è una poesia in cui ogni parola è un movimento”.
Silvia Mozzachiodi