Natalia Goncharova, l’amazzone dei Ballets Russes

Natalia Goncharova con Léonide Massine, Mikhail Larionov, Léon Bakst (in piedi) e Igor Stravinsky.
Natalia Goncharova con Léonide Massine, Mikhail Larionov, Léon Bakst e Igor Stravinsky.

Il compito del costume non è quello di vestire, ma piuttosto di materializzare il personaggio immaginato, il suo tipo, il suo carattere.

Natalia Goncharova

Sfogliando un libro di storia dell’arte o visitando un museo, il divario numerico tra gli artisti uomini e le artiste donne è lampante. Una disparità macroscopica, riconducibile al “più generale problema dell’eguaglianza” e inversamente proporzionale alla rappresentazione del corpo femminile nelle arti figurative. A lungo le dinamiche sociali hanno escluso le donne dal mondo delle arti, precludendo loro sia la formazione che la professione, salvo rare e preziose eccezioni. All’inizio del Novecento un’artista russa dalla personalità anticonformista e dal talento eclettico – pittrice, scenografa, costumista e illustratrice – riuscì ad imporsi nel panorama internazionale diventando tra le più rinomate artiste del tempo: Natalia Goncharova, soprannominata “l’amazzone dell’avanguardia russa”.

Di nobili origini – la bisnonna era la moglie del poeta Aleksandr Puškin – Natalia visse sempre con spirito di indipendenza, sfidando le convenzioni e divenendo un modello per le donne delle successive generazioni. In Russia fu la prima donna ad esporre quadri raffiguranti nudi femminili, decisione per la quale fu accusata, processata e poi fortunatamente assolta. Sfilò nelle più eleganti vie di Mosca con il volto dipinto, anticipando la teatralità e la provocazione della Body Art. Figurò nel primo film dell’avanguardia russa, Dramma nel cabaret dei futuristi n.13, e prese parte alle più importanti mostre dell’epoca, da Londra a Berlino.

Un’artista così carismatica e controcorrente non poté sfuggire a Sergej Djagilev, il catalizzatore di talenti per antonomasia che, prima ancora di diventare il famoso impresario dei Ballets Russes, si era dedicato alle arti figurative e in particolare al rinnovamento dell’arte russa con la fondazione della rivista Mir Iskusstva (Il Mondo dell’arte). Già nel 1906 Djagilev presentò quattro opere della giovanissima Natalia, allora venticinquenne, al Salon d’Automne di Parigi ma il “colpo di fulmine” scattò nel 1913. In quell’anno, nella galleria di Klavdia Mikhailova, Natalia Goncharova tenne una propria retrospettiva che ripercorreva la sua poliedrica attività con più di settecento opere. Fu un grande successo:

Questa donna trascina tutta Mosca e tutta San Pietroburgo dietro di sé; non si imita solo la sua opera, ma anche la sua personalità.

Sergej Djagilev

Su invito di Djagilev e insieme al marito Mikhail Larionov, Natalia Goncharova entrò a far parte dell’entourage dei pittori che collaboravano con i Ballets Russes. La prima commissione fu Le Coq d’or di Michel Fokine (1914) per il quale realizzò scene e costumi dagli accesi colori che esprimevano con grande vivacità la fiaba russa. Successivamente collaborò con Léonide Massine e Igor’ Stravinskij per Liturgie (1915), balletto a tema religioso che, non portato in scena per il sopraggiungere della Grande Guerra, sopravvisse nei bozzetti dell’artista d’ispirazione bizantina. Nel 1916, durante una tournée nella neutrale Spagna, Goncharova lavorò a due balletti dai motivi ispanici: Rapsodia española e Triana. Anche se questi bozzetti rimasero nel disegno e non si tradussero in una rappresentazione scenica, testimoniarono la sua grande passione per la cultura spagnola, successivamente esplorata in una serie di opere ritraenti donne ispaniche.

A seguire i suoi lavori più rappresentativi furono: Sadko nella versione di Adolph Bolm (1916) che ottenne grandi consensi per i costumi del fantastico mondo sottomarino popolato da vivaci creature come il cavalluccio marino dorato; Les Noces di Bronislava Nijinska (1923), senza dubbio il suo lavoro più radicale per la mancanza di elementi naturalistici e la sobria essenzialità delle forme e dei colori; la riedizione dell’Oiseau de feu di Michel Fokine (1926), perfetto esempio di una sintesi delle arti. Dopo la morte di Djagilev e lo scioglimento dei Ballets Russes (1929), Natalia Goncharova continuò a lavorare per varie compagnie, quali i Ballet Russes de Monte Carlo, il Grand Ballet du Marquis de Cuevas e il Royal Ballet.

Natalia Goncharova fu l’amazzone dei Ballets Russes, la sola pittrice donna ad aver collaborato con Djagilev. I suoi lavori teatrali, che contribuirono a determinare il fascino spettacolare della compagnia, furono in grado di suggerire l’atmosfera del balletto prima ancora della coreografia. In particolare i costumi, in perfetta armonia con i colori del décor e con i movimenti dei ballerini, non costituivano un semplice elemento decorativo, bensì la chiara materializzazione del carattere del personaggio. In ciascuno, inoltre, era possibile cogliere lo spirito, le tradizioni, il folclore della sua amata terra, la Russia, dove non fece più ritorno per poter vivere della propria professione con totale libertà, a Parigi.

Silvia Mozzachiodi