
Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Roland Petit ma il suo genio, fatto di immaginazione coreografica, sensibilità musicale e sapienza culturale, continua a brillare nella preziosa eredità che ha lasciato al mondo della danza. Un repertorio ricco ed eclettico, contraddistinto da una forte propensione al racconto con soggetti tratti dalla letteratura. Tra questi spicca Notre-Dame de Paris, balletto in due atti ispirato all’omonimo romanzo di Victor Hugo. Creato per l’Opéra di Parigi nel 1965, è considerato uno dei suoi lavori più rappresentativi, sia per l’inventiva coreografica che per l’accurata scelta dei collaboratori: il compositore Maurice Jarre, autore di indimenticabili colonne sonore quali Lawrence d’Arabia (1962) e Il dottor Zivago (1965), il regista e scenografo René Allio e lo stilista Yves Saint Laurent.
Adattare in chiave coreografica un romanzo dalla monumentale lunghezza come Notre-Dame de Paris è sicuramente un’operazione complessa. Ma il coreografo ha dimostrato una particolare abilità drammaturgica nel sapere sintetizzare la storia in poche ed essenziali scene – nello specifico tredici quadri – capaci di esprimere l’essenza più profonda dell’opera letteraria. Il movimento diventa verbo, parola, racconta con drammatica intensità tutti i sentimenti che percorrono il romanzo: l’amore, la passione, la gelosia, la ferocia, la compassione. A ben vedere poi, la danza non è estranea al capolavoro di Victor Hugo, contraddistinto da espliciti riferimenti all’arte del movimento attraverso il personaggio di Esmeralda, l’incantevole danzatrice zingara:
La sua voce come la sua danza, come la sua bellezza, era indefinibile e affascinante; qualcosa di puro, di sonoro, d’aereo, d’alato, per così dire.
Victor Hugo
Esmeralda, descritta dallo scrittore come una creatura “folle per la danza”, balla sarabande provenzali nella piazza del Sagrato, facendo girare il suo tamburello, volteggiando agile e leggera con invisibili ali ai piedi. Ma al di là di queste chiare descrizioni, il romanzo è ricco di scene dal chiaro potenziale coreografico, dalla teatralità della folla nelle piazze alla “danza” di Quasimodo con le campane:
Sospeso sull’abisso, nello slancio dell’oscillazione straordinaria della campana, afferrava il mostro di bronzo per le orecchie, lo stringeva con i ginocchi, lo spronava con i talloni e raddoppiava con tutta la spinta e con tutto il peso del suo corpo la furia del suono a distesa.
Victor Hugo
La storia di Quasimodo ed Esmeralda ha ispirato dall’anno di pubblicazione del romanzo (1831) vari adattamenti coreografici ma, a mio avviso, quello di Roland Petit riflette maggiormente lo spirito di Notre-Dame de Paris. Mentre i precedenti coreografi avevano concentrato l’attenzione sul personaggio femminile della zingara, a cominciare da Jules Perrot che nel 1844 aveva coreografato La Esmeralda, Roland Petit è il primo coreografo a creare un balletto che porta il titolo originario del romanzo. E la cattedrale, grande “protagonista” dell’opera di Victor Hugo, domina la scena di molti quadri del balletto nella stilizzata modernità del disegno scenografico di René Allio.
La raffinatezza del lavoro coreografico consiste nella capacità del coreografo di tratteggiare la psicologia dei quattro personaggi principali – in ordine di apparizione Quasimodo, Frollo, Esmeralda e Phoebus – adottando per ciascuno un preciso registro stilistico. Quasimodo, ruolo che Roland Petit aveva interpretato al debutto, ha un movimento disarmonico, in grado di suggerire la deformità fisica del campanaro, gobbo e storpio, senza dover ricorrere ad una protuberanza del costume. Frollo, l’arcidiacono dal lato oscuro, travolto da un incontrollabile desiderio nei confronti di Esmeralda, è il personaggio che più di ogni altro traduce nella danza le metafore del romanzo: lo sguardo furtivo e ardente nei confronti della zingara rievoca “l’occhio di un nibbio” che dall’alto del cielo punta “una povera allodola rannicchiata nel grano”; i salti rappresentano il volo di “un pipistrello” e le mani assomigliano agli “artigli di un aquila”. Esmeralda, l’unico personaggio femminile, si muove con leggerezza e agilità, alternando movimenti lenti e sensuali ad altri più decisi e spigolosi, compiendo gesti che mettono a nudo la sua umanità. Infine Phoebus, il capitano degli arcieri del re, la cui danza – spavalda e potente – porta in superficie la sua vera identità: quella di un seduttore senza scrupoli.
Altri punti di forza del balletto, comuni a tutti i (capo)lavori di Roland Petit, sono: da un lato il sapiente utilizzo del passo a due, in particolare quello tra Esmeralda e Quasimodo che rende visibile la loro crescente fiducia che culmina in una presa di grande tenerezza con il gobbo che fa oscillare la zingara come una campana; dall’altro la forza delle scene corali, dove il corpo di ballo non è un elemento decorativo, ma rappresenta un altro grande protagonista del romanzo, il popolo.
Silvia Mozzachiodi