Iris van Herpen: la moda che incontra la danza

C’è così tanto nella moda che è inesplorato.

Iris van Herpen

L’Haute Couture di Iris van Herpen rivela come tradizione e innovazione, artigianato e tecnologia siano elementi complementari e non opposti, indispensabili per una stilista che fa della ricerca e della sperimentazione il fondamento del proprio lavoro. Portavoce di una visione della moda che trascende i propri confini, Iris van Herpen intreccia un dialogo collaborativo con altre discipline artistiche e scientifiche: dall’architettura alle arti visive, dalla poesia alla filosofia, dalla matematica all’astronomia. Tra le varie relazioni quella con la danza è particolarmente significativa e contribuisce a chiarire la visione estetica della fashion designer olandese. La passione per la danza, rimarcata sempre nelle interviste, e gli studi di balletto classico hanno profondamente influenzato il suo approccio alla moda. I suoi abiti colgono l’essenza più profonda della danza: il movimento, l’evoluzione della forma, la motion come principio generatore di emotion.

Oltre ai costumi creati per i balletti Neverwhere (New York City Ballet, 2014) e Clear, Loud, Bright, Forward (Opéra di Parigi, 2015) di Benjamin Millepied e per l’opera Pelléas et Mélisande (Opera Ballet Vlaanderen, 2018) di Damien Jalet e Sidi Larbi Cherkaoui, Iris van Herpen ha coniugato la moda e la danza nel cuore dell’immagine cinematografica. D’altra parte l’interfaccia tra queste discipline è il movimento: la danza è l’arte del movimento per eccellenza; il cinema è l’arte delle immagini in movimento; le creazioni di van Herpen, nel loro gioco formale, possiedono un movimento intrinseco. Scopriamo tre cortometraggi ai quali ha collaborato.

1. Spatial Reverse (2015)

Spatial Reverse, coreografato da Russell Maliphant e diretto da Warren du Preez e Nick Thornton Jones, è uno dei sette cortometraggi di MOVEment, progetto interdisciplinare di AnOther Magazine dedicato alle relazioni tra moda, danza e cinema. Il corto si apre con un’inquadratura che mette in gioco molteplici percorsi interpretativi. Una materia elastica si muove sospesa nell’oscurità: è il tessuto della tunica indossata dalla danzatrice Carys Staton. Dopo aver fluttuato nello spazio come in assenza di gravità, la danzatrice riemerge dalla penombra con una nuova forma. Il corpo, avvolto da un costume che ricorda un bozzolo, continua a roteare come un essere in potenza, completamente concentrato sulla propria forza interiore e sull’inedita struttura corporea.

Per Spatial Reverse Iris van Herpen radicalizza una dimensione propria della danza: la metamorfosi del corpo. I due abiti non solo trasformano la silhouette della danzatrice ma ne modificano la morfologia materializzando lo spazio volumetrico circostante e dando vita a creature stilizzate in un processo di estrema astrazione. L’estensione “sartoriale” della figura della danzatrice diventa un modo per creare un nuovo corpo o per mostrarlo sotto una forma inedita. I movimenti della coreografia scaturiscono direttamente dall’abito che, oltre a rappresentare un fantasioso input per la ricerca formale dell’azione coreografica, diventa il confine tra l’interiorità e il mondo esterno, uno spazio che può proteggere o imprigionare.

2. Flow (2015)

Flow è un cortometraggio diretto dalla regista inglese Laura Falconer con la coreografia di Russell Maliphant. Se in Spatial Reverse Iris van Herpen magnifica la ricerca formale della danza, in questo cortometraggio celebra il movimento attraverso un abito che mette in risalto l’armoniosa bellezza di un corpo disciplinato nello spazio e nel tempo della coreografia. Il tessuto fluttuante enfatizza infatti sia la plasticità del corpo sia la dinamica del movimento, disegnando nello spazio linee e forme che estendono l’aura della ballerina, Carys Staton.

3. Biomimicry (2020)

Biomimicry, diretto da Ryan McDaniels e coreografato da Juanio Arqués, è una collaborazione tra Iris Van Harpen e il Dutch National Ballet con protagonista la ballerina Jingjing Mao. Il concept alla base della creazione è la nozione di biomimetica, disciplina che studia i processi biologici e biomeccanici della natura e che la stilista adotta nel segno di una moda consapevole e responsabile attraverso la produzione di materiali modellati su processi biologici. Il tessuto e il taglio degli abiti ispirano la coreografia, composta da movimenti che sono creati in perfetto accordo formale. La danza, con i suoi ariosi port de bras e le vorticose pirouettes, anima i quattro modelli che diventano delle sculture coreografiche.

Silvia Mozzachiodi