La danza del futuro di Kandinskij

All’alba del XX secolo la danza fu protagonista di una rivoluzione estetica. La tradizione accademica, dopo aver raggiunto il suo apogeo con il balletto romantico, fu per la prima volta affiancata da un nuovo panorama coreutico, variegato nelle sue espressioni artistiche ma accomunato dalla ricerca di un nuovo corpo scenico, libero dai codici e dai simboli della danza classica. In questo clima di fermento innovativo, una singolare riflessione sullo status artistico della danza arrivò da una figura di primo piano del mondo dell’arte, il pittore russo Vasilij Kandinskij, considerato il precursore e il fondatore dell’Astrattismo. Dai tempi del Cavaliere azzurro agli anni trascorsi al Bauhaus, le sue formulazioni teoriche sull’arte del movimento furono frequenti.

Nel libro Lo spirituale nell’arte (1912) Kandinskij sviluppò un’importante riflessione su quella che definì “la danza del futuro”, ossia una danza anti-narrativa e anti-descrittiva, capace di toccare lo spirito dello spettatore senza dover raccontare una storia o ricorrere all’appiglio descrittivo della pantomima. In questa prospettiva il pittore preferì alla spinta riformista dei Ballets Russes di Sergej Djagilev, fautori di una modernizzazione del linguaggio accademico, la danza libera di Isadora Duncan, considerata l’espressione diretta dell’anima. Una preferenza dettata dal comune intento di riportare l’arte, pittorica per Kandinskij e coreutica per Duncan, all’interiorità e alla spiritualità.

Nel 1926 Kandinskij dedicò alla danza un intero saggio: Curve di danza – sulle danze della Palucca, pubblicato sulla rivista d’arte Das Kunstblatt. Palucca, di nome Gret, era una famosa danzatrice formatasi con Mary Wigman e divenuta tra le principali esponenti della danza d’espressione tedesca. Il testo fu accompagnato da quattro fotografie di Palucca, scattate da Charlotte Rudolph, e da quattro corrispettivi disegni di Kandinskij, raffigurazioni astratte del corpo della danzatrice, essenzializzato in una rappresentazione geometrica di linee e piani. Fu una chiara dimostrazione di come la forma fosse l’espressione esteriore di un significato interiore.

La riflessione sulla danza tornò anche nell’opera teorica Punto, linea, superficie (1926), contraddistinta da uno studio sugli elementi costitutivi della forma, il punto e la linea, e da un’analisi di queste entità geometriche nelle singole arti. Tra queste non poteva mancare la danza. Per il pittore, infatti, il punto era presente sia nel balletto con le punte delle ballerine, sia nei salti nella danza moderna, capaci di creare forme pentagonali con la testa, le mani e i piedi per vertici. Le linee, invece, erano disegnate in modo molto chiaro dai movimenti del corpo in scena.

L’intento di Kandinskij fu quello di elevare la danza al livello della musica e della pittura, arti libere dalla mimesis, ossia dall’imitazione di un modello, e capaci insieme di dare vita a quella che il pittore chiamò Arte Monumentale.

Silvia Mozzachiodi


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