
La La Land è l’appassionato (e pluripremiato) omaggio di Damien Chazelle agli anni d’oro del musical. Un film dedicato ai sognatori con protagonisti Emma Stone, un’aspirante attrice, e Ryan Gosling, un ambizioso musicista jazz. Un invito ad entrare in un mondo in cui la danza, coreografata da Mandy Moore, e la musica, composta da Justin Hurwitz, si intrecciano alla vita.
La danza gioca un ruolo cruciale nello sviluppo della narrazione grazie alla sua capacità di rendere visibile ciò che si racchiude dentro l’animo di una persona: i sentimenti. Poiché il linguaggio del corpo, trasparente come l’acqua, riflette la sfera emotiva interiore senza filtri, in La La Land le emozioni dei protagonisti non subiscono un processo di traduzione verbale ma sono direttamente espresse dai movimenti. In questa prospettiva, la danza non rappresenta un momento spettacolarizzato avulso dalla narrazione, ma nasce spontaneamente da una situazione o da uno stato d’animo quale espressione sublimata per raccontare l’amore, la felicità, la speranza e la nostalgia. A danzare non sono soltanto Emma Stone, Ryan Gosling e i danzatori, ma anche la macchina da presa che, lasciandosi avvolgere dalla coreografia e dal ritmo della musica, si muove al pari di un danzatore con musicalità e dinamismo, seguendo un preciso disegno coreografico.
1. It’s another day of sun
Il film si apre su una calda e trafficata autostrada di Los Angeles. Una carrellata orizzontale, accompagnata da una polifonia di rumori e suoni – dai clacson strombazzanti alle canzoni più disparate emesse dalle radio – mostra le macchine bloccate dall’ingorgo. Una musica prende il sopravvento e la danza si inserisce poco a poco, in un crescendo che parte da un movimento del tutto naturale, come quello di scendere dalla macchina per sgranchire braccia e gambe, per poi esplodere in una danza piena di vita che trasforma il traffico in un momento gioioso.
Il modo di riprendere la danza è unico perché visto dal suo interno. La macchina da presa entra a pieno ritmo nella coreografia e si muove tra i danzatori mentre escono dalla macchine, fluttuano da una carreggiata all’altra, saltano con agilità sui tetti delle automobili. Tra la coreografia e la regia si crea una stretta corrispondenza, come quando la macchina da presa gira vorticosamente dopo aver ripreso una danzatrice eseguire una piroette o si abbassa per seguire un ragazzo in skateboard. Altro elemento molto importante, deliberatamente voluto dal regista, è l’enfasi posta sull’universalità del linguaggio della danza, capace di oltrepassare le differenze culturali e le barriere linguistiche; un intento ottenuto inserendo nella scena non solo donne e uomini di età e provenienze differenti ma soprattutto diversi stili di danza, dal flamenco al krumping (uno stile nato presso la comunità afro-americana del sud di Los Angeles).
2. There’s someone in the crowd
In questa scena, che si ispira al numero musicale “I Feel Pretty” di West Side Story, la danza ha una vera e propria funzione narrativa. Mia, giù di morale per l’insuccesso dell’ennesimo provino, è convinta dalle sue coinquiline a partecipare ad una festa dove potrebbe incontrare “chi finalmente le farà spiccare il volo”. Anche in questo caso la coreografia passa da gesti molto spontanei ad una sequenza più danzata i cui movimenti sono complementari a quelli della macchina da presa. Quando Mia, dopo un iniziale tentennamento, raggiunge le ragazze in strada, tutte e quattro alzano lo sguardo verso il cielo. La macchina da presa compie lo stesso movimento (un dolly a salire) per poi inquadrare le tre ragazze dall’alto restituendo il disegno coreografico di un cerchio. Un altro momento in cui la macchina da presa sembra danzare a pieno ritmo, condividendo l’euforia generale che l’avvolge, è la scena della festa. La cinepresa si tuffa in piscina e, riemersa dall’acqua, inizia a ruotare su se stessa riprendendo i danzatori a bordo vasca. La velocità aumenta fino a far turbinare vorticosamente lo sfondo.
3. A lovely night
La danza, davanti ad una incantevole vista di Los Angeles al tramonto, rappresenta l’esatto momento in cui scatta la scintilla che farà nascere il loro amore. L’ironica sequenza iniziale, prima in piedi dove si dicono a vicenda “che inutile spreco di una serata così perfetta”, poi seduti su una panchina dove continuano a stuzzicarsi con un giocoso battibecco gestuale, rivela già una forte attrazione. La loro complicità emerge pienamente nel ballo grazie allo stesso ritmo dei passi che prelude la futura sincronizzazione dei loro cuori. Non essendo ancora una coppia, i movimenti sono eseguiti uno di fianco all’atro o frontalmente, consentendo ad entrambi di studiarsi con lo sguardo e di compiere azioni che riprendono il botta e risposta della canzone d’apertura. A differenza dei precedenti numeri musicali la macchina da presa, posizionata lontana per mostrare l’azione coreografica a figura intera, segue la danza con la massima sensibilità, così da preservarne il flusso e la continuità in una ripresa armoniosa.
4. Planetarium

Il primo appuntamento di Mia e Sebastian si conclude romanticamente all’Osservatorio Griffith. Alla magia del contesto corrisponde la profondità del loro sentimento, espresso in un momento di pura poesia. La danza diventa un’immagine onirica, la materializzazione delle sensazioni che l’amore produce, come volare tra le stelle. Immersi nella Via Lattea, Mia e Sebastian non ballano più distanti ma sono stretti nell’abbraccio di un valzer, etereo e romantico, che precede e preannuncia il bacio con cui si conclude la scena.
5. Epilogue


Cinque anni più tardi Mia e Sebastian hanno realizzato il loro sogno, ma le loro strade si sono separate. Lei è diventata un’attrice famosa mentre Sebastian è il direttore di un locale jazz. Quando si rincontrano, entrambi sono emotivamente turbati. Mentre Sebastian esegue al piano il loro tema d’amore, Mia immagina come sarebbe stata la loro storia se fosse andata diversamente. Il sogno ad occhi aperti si materializza attraverso la musica e la danza che insieme danno vita a una sospensione dalla realtà. Una scena che avrebbe richiesto pagine di dialogo viene perfettamente resa dal numero musicale, ispirato tra l’altro alla lunga sequenza coreografica di Un americano a Parigi con Gene Kelly, a Cenerentola a Parigi con Audrey Hepburn e al numero “The Begin the Beguine” da Balla con me con Eleanor Powell e Fred Astaire. In tutto il film, d’altra parte, i riferimenti alla storia del musical sono frequenti e rappresentano una dichiarazione d’amore per un genere che intreccia cinema, musica e danza.
Silvia Mozzachiodi