
Charlie Parker, detto “Bird”, è stato tra i più grandi sassofonisti dell’intera storia del jazz. Considerato il “Mozart d’America”, il “Picasso dell’arte afroamericana”, ha rivoluzionato la sintassi del jazz attraverso l’elaborazione di uno stile moderno, il bebop, caratterizzato da tempi molto veloci ed elaborazioni armoniche innovative. Ineguagliabile per tecnica e originalità, capace di improvvisare ad una velocità sorprendente, Charlie è stato un genio del sax. Ma la sua vita è stata marchiata dalla tossicodipendenza da eroina, consumata per la prima volta a soli quindici anni, e dall’alcol per sopperire ai periodi di astinenza. Gli eccessi travolgono la sua carriera. È spesso impresentabile ai concerti, ha comportamenti aggressivi, impegna più volte il sassofono per procurarsi la droga, intitola un suo famoso brano, Moose the Mooche (1946), con il soprannome di uno spacciatore, a cui cede anche la metà dei diritti discografici per la registrazione della DIAL. Particolarmente famosa è una drammatica incisione di Lover Man nel 1946. A malapena riesce a reggersi in piedi e suona con una malinconia profondissima che fa sgorgare note dolorose.
Nato il 29 agosto 1920, Charlie muore il 12 marzo 1955, a soli trentaquattro anni. Il suo fisico è così logorato che il medico ne stima l’età a cinquantatré anni. Eppure lascia la vita con un sorriso, mentre seduto sul sofà guarda la televisione. Un’esistenza breve, ma vissuta voracemente e divenuta leggendaria. Perché Charlie Parker ha scritto la storia del jazz. Rivoluzionario nella musica, intemperante nel carattere, sembra rispecchiare alla perfezione il binomio genio e sregolatezza. La sua storia ha ispirato molti tributi, come il racconto Sonny’s Blues di James Baldwin (1957), la poesia Mexico City Blues di Jack Kerouac (1959), il racconto El perseguidor di Julio Cortázar (1959) e il film Bird di Clint Eastwood (1988). C’è però un’opera che omaggia con singolare umanità il mito di Charlie Parker attraverso l’espressione della danza: è For ‘Bird’ – With Love del coreografo afroamericano Alvin Ailey, tra i massimi esponenti della black dance. Fin dal titolo è chiaro il sentito omaggio del coreografo, il quale s’impegna nella creazione di un lavoro capace di evocare poeticamente la vita di Charlie. Infatti, durante la realizzazione della coreografia, Alvin ha annotato una serie di poesie che gli hanno ricordato il musicista, come L’albatro di Charles Baudelaire (1857):
Esiliato sulla terra, fra scherni, le sue ali di gigante gli impediscono di camminare.
Charles Baudelaire
L’empatia del coreografo deriva dal comune status di artisti emarginati. Charlie Parker e Alvin Ailey hanno vissuto lo stesso periodo storico, l’America della discriminazione razziale, e la loro arte ha contribuito all’affermazione di una maggiore consapevolezza della propria forza culturale. Charlie, insieme ad altri giovani musicisti neri come il trombettista Dizzy Gillespie, si è ribellato all’allora popolarissimo swing, ormai industrializzato e stereotipato, dando origine al bebop, uno stile totalmente libero da ogni asservimento al gusto dominante e commerciale della borghesia bianca. Dal canto suo Alvin Ailey ha fondato a New York una propria compagnia, l’Alvin Ailey American Dance Theater, che ha dato voce all’esperienza artistica degli afroamericani mostrando come la loro creatività, bellezza e talento fosse parte integrante della cultura americana. Entrambi, inoltre, hanno condiviso l’idea di tradurre il mondo in arte. Charlie, paragonato dalla sua compagna Chan ad una spugna capace di assorbire il mondo, è in grado di recepire e ritrasmettere la vita all’anima degli uomini, di comunicare emozioni attraverso la sua musica. Allo stesso modo Alvin ha creduto fortemente che la danza provenisse dalla gente e che si dovesse restituire alla gente, creando in tal modo dialogo e unione.

For ‘Bird’ – With Love ha debuttato al Folly Theater di Kansas City nel 1984 con Gary DeLoatch nel ruolo principale. La musica è del compositore Coleridge Taylor Perkinson che ha realizzato un collage musicale costituito da sue composizioni, brani di Parker come A Night in Tunisia e la registrazione Lover man di Billie Holiday. Il balletto, che ripercorre alcune tappe fondamentali della vita del musicista, si apre con una sorta di rito di iniziazione, dove il giovane Charlie riceve da una donna – nella vita la madre Addie – un sassofono, avvolto in fasce come un neonato. La sua reazione è duplice: da un lato si sente attratto, dall’altro sembra spaventato, come se in fondo al suo cuore sapesse che quella strada lo avrebbe portato a un tragico epilogo. Tuttavia, non appena inizia a suonare, tra il suo corpo e lo strumento musicale si crea una connessione indissolubile, quasi demoniaca, che riporta alla mente una sua celebre affermazione:
Non suonare il sassofono, lascia che sia lui a suonare te.
Charlie Parker

Dopo la parentesi gospel, un richiamo alla sua prima educazione musicale nella chiesa (il nonno era un reverendo), il balletto si infiamma nelle atmosfere notturne dei jazz club di Kansas City, nelle leggendarie jam sessions di New York dove traspare il piacere di fare musica insieme. La coreografia suggerisce l’improvvisazione dei musicisti alternando liberamente assoli, duetti o danze di gruppo in un clima di appassionata libertà e solidarietà. Dopo la gioiosa frenesia del far musica, Alvin Ailey ricorda i lati oscuri della vita di Charlie che culminano nell’esaurimento nervoso e nella degenza al manicomio Camarillo. Il ballerino indossa una camicia di forza ed esegue un disperato assolo, enfatizzato dal tumultuoso tremito della batteria e dall’illuminazione drammatica del lighting designer Timothy Hunter. Stremato dal dolore, alza la mano verso il cielo, simboleggiando l’ultimo volo di “Bird”. Il balletto termina con una felice apoteosi dove tutti i ballerini danzano con gioia davanti a tre gigantografie di Charlie mentre suona il sassofono. Con questo finale Alvin sembra gridare agli spettatori che “Charlie Parker Lives!” attraverso la magia eterna della sua musica.
Silvia Mozzachiodi