Le Sacre du Printemps di Xavier Le Roy: danzare la direzione orchestrale

Xavier Le Roy, Le Sacre du Printemps © Vincent Caravoc

Il 29 maggio 1913 i Ballets Russes di Sergej Djagilev portarono in scena al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi Le Sacre du printemps di Igor’ Stravinskij con la coreografia di Vaclav Nižinskij. Il pubblico, scandalizzato dalla radicale innovazione della musica e della coreografia, riservò una burrascosa accoglienza, corredata di fischi, risate, urla così forti che i danzatori sentivano a stento l’orchestra. Nonostante le avversità del debutto, Le Sacre du printemps è diventato un capolavoro della produzione stravinskiana e la sua dirompente forza ha continuato a ispirare un considerevole numero di coreografi, da Martha Graham a Pina Bausch. Tra le tante rivisitazioni – più di cento – quella di Xavier Le Roy, presentata a Les Subsistances di Lione nel 2007, si è interrogata sul rapporto musica e danza.

A ispirare la versione di Le Roy è il film Rhythm Is It! di Thomas Grube ed Enrique Sánchez Lansch (2004), un documentario che ha seguito il progetto educativo intrapreso dal direttore d’orchestra Sir Simon Rattle e dal coreografo Royston Maldoom: portare in scena Le Sacre du printemps con un cast di 250 adolescenti reclutati dalle scuole pubbliche di Berlino. Guardando il documentario, Xavier Le Roy è catturato dalla travolgente espressività gestuale di Simon Rattle nel dirigere l’Orchestra Filarmonica di Berlino. L’impressione è di un corpo altamente performativo che danza insieme alla musica che conduce. Da questa considerazione nasce il concept dello spettacolo: riorganizzare le azioni del direttore d’orchestra in una struttura coreografica.

In una scena completamente vuota, pronta a riempiersi soltanto di musica e danza, Xavier Le Roy riproduce di fronte al pubblico i gesti performativi del direttore d’orchestra, perfettamente corrispondenti al flusso avvolgente della musica. Fin dalle prime note il performer stringe un rapporto diretto con il pubblico. Nel rivolgersi alla platea come alle diverse sezioni dell’orchestra, Le Roy interagisce con gli spettatori attraverso l’espressività del gesto performativo e della mimica facciale. I suoi movimenti, potenti e dinamici, indicano non solo il tempo, le dinamiche e gli accenti del capolavoro stravinskiano, ma anticipano il suono come se fosse annunciato dal gesto o ne rappresentasse la continuazione sonora. La performance porta così gli spettatori a sentirsi dei musicisti, pronti ad attendere il proprio attacco musicale. Per ottenere questo effetto un ruolo essenziale è svolto dal sistema di localizzazione della fonte sonora. Considerando che l’ascolto si attiva nella direzione dell’evento sonoro provocando un orientamento di tutto il corpo, il sound designer Peter Boehm posiziona le casse acustiche sotto le file degli spettatori con l’obiettivo di restituire un’esperienza musicale simile a quella degli orchestrali. Il pubblico, avendo la percezione di essere avvolto dal suono, sperimenta la sensazione di essere un componente dell’orchestra e pertanto è maggiormente predisposto a seguire con attenzione l’esecuzione del direttore.

Xavier Le Roy, Le Sacre du Printemps © Vincent Caravoc

La performance porta inoltre a riflettere sulla funzione centrale del corpo nella musica. Attraverso il gesto il direttore d’orchestra interpreta la notazione musicale e il musicista porta in vita il contenuto della partitura. Tra il movimento e il suono vi è una stretta corrispondenza. Un esempio significativo è la dinamica della composizione, ossia la gestione dell’intensità sonora indicata sul pentagramma dai segni p (piano) e f (forte), che è indicata dal direttore attraverso l’ampiezza dei movimenti e riprodotta dai musicisti attraverso una differente potenza del gesto musicale.

La coreografia di Xavier Le Roy ha il merito di rendere visivamente “leggibile” la complessità della musica stravinskiana. Già nel 1913 la realizzazione coreografica fu lunga e laboriosa proprio per la difficoltà della composizione musicale. Il coreografo Vaclav Nižinskij dedicò un attento studio all’analisi della partitura, un lavoro in cui fu aiutato da Stravinskij e da Marie Rambert, allieva di Émile Jaques-Dalcroze. I danzatori si trovarono in grande difficoltà di fronte ai frequenti cambi di ritmo, al punto da dover annotare i conteggi su dei pezzi di carta come raccontato dalla ballerina Lydia Sokolova nella sua autobiografia.

Igor’ Stravinskij

Anche Xavier Le Roy, di fronte ai complicati schemi ritmici che costellano Le Sacre du printemps, inizia il processo creativo da un’attenta lettura della partitura, cogliendone ogni sfumatura espressiva. La scrittura coreografica, pur non volendo proporre una mera visualizzazione della musica stravinskiana, rappresenta con immediatezza e intensità il carattere primigenio del Sacre, permettendo al pubblico d’affinarne l’ascolto e la comprensione. Mettendo in scena la gestualità del direttore d’orchestra, il coreografo riconosce il ruolo cruciale del movimento nella produzione della musica e offre un ribaltamento della consueta percezione sensoriale per cui la danza si vede e la musica si ascolta. Le Sacre du Printemps di Le Roy è una performance in cui è possibile vedere la musica e ascoltare la danza nella visualizzazione coreografica delle azioni del direttore d’orchestra.

Silvia Mozzachiodi