Maria Taglioni, l’eterea rivoluzionaria romantica

“Prima di Maria Taglioni, la danza non era che un mestiere, il mestiere di saltare il più in alto possibile, di piroettare come una trottola. Apparve lei, e il mestiere diventò arte, la vecchia scuola crollò.”

Charles De Boigne

Il 23 luglio del 1827 una ballerina italo-svedese di ventitré anni si esibì per la prima volta nel tempio della danza francese, il Teatro dell’Opéra di Parigi. Non appena iniziò a danzare – un pas de deux inserito per l’occasione nel balletto Le Sicilien ou l’Amour peintre di Auguste-Anatole Petit – pubblico e critica furono ammaliati dalla grazia del portamento, dall’armonia dei movimenti e dalla bellezza delle linee. Fu più di un trionfo: fu l’inizio di una nuova era nella storia del balletto e il suo nome, Maria Taglioni, diventò leggendario. La ballerina inaugurò uno stile totalmente diverso da quello delle prime ballerine della compagnia che nell’arco di una rappresentazione furono, per così dire, detronizzate. La gelosia che infiammò dietro le quinte diede luogo ad una serie di intrighi architettati per frenare la sua ascesa, come rendere scivoloso il palcoscenico al successivo spettacolo spargendo in terra del sapone. Diverse ballerine caddero, Maria Taglioni no. In breve tempo diventò la ballerina romantica per antonomasia e l’incarnazione di un nuovo genere, il balletto fantastico, capace di esprimere la sensibilità artistica del tempo come sottolineò Le Figaro nell’agosto del 1827:

“C’est le romantique appliqué à la danse”.

Le Figaro

Nata a Stoccolma nel 1804, Maria Taglioni era predestinata a diventare un’artista: la madre, Sophie Karsten, era una ballerina del Royal Swedish Ballet; il padre, Filippo Taglioni, un ballerino e coreografo tra i più importanti del balletto romantico; il nonno, Carlo Taglioni, un noto ballerino e coreografo della danza italiana del secondo Settecento. Pur avendo ereditato il gene della danza, Maria Taglioni non nacque con un talento straordinario ma diventò la “ quintessenza della danza” attraverso una dedizione indefettibile all’arte di Tersicore. Inizialmente allieva di Jean-François Coulon, Maria si perfezionò sotto la guida del padre, un insegnante impassibile di fronte alla fatica e alle lacrime della figlia. In nome dell’arte Filippo sottopose la giovane ballerina ad un rigoroso allenamento giornaliero per migliorare la tecnica e raffinarne lo stile. Il programma di studio era suddiviso in tre blocchi: al mattino una serie di esercizi faticosi, ripetuti più volte su entrambe le gambe; al pomeriggio gli adagi per affinare le pose e sviluppare la resistenza tenendo le posizioni fino a cento; la sera i salti per sviluppare l’elevazione ed affinare l’atterraggio.

Filippo Taglioni svolse un ruolo fondamentale anche nella carriera della figlia, negoziandole i contratti e creando balletti che misero in luce le sue doti. Tra questi, quello che la consacrò allo status di icona fu La Sylphide (1832), balletto in due atti su musica di Jean Schneitzhöffer e libretto di Adolphe Nourrit. Il ruolo dell’eterea silfide, prototipo delle figure femminili che dominarono il balletto romantico dagli anni Trenta dell’Ottocento, fu creato sulle qualità della sua danse aérienne o d’élévation: purezza, eleganza e leggerezza; salti che davano l’impressione che fosse sospesa nell’aria; un raffinato impiego delle punte che da strumento virtuosistico diventarono l’espressione poetica di un corpo proteso verso un mondo ideale. Questo stile fu preso ad esempio dalle ballerine del tempo, a cominciare dalla danese Lucile Grahan, e dietro le quinte si diffuse l’espressione “taglionisent”, ossia danzare alla maniera della Taglioni. Anche il costume, disegnato da Eugène Lami per La Sylphide, contribuì a creare l’immagine della ballerina quale creatura disincarnata: un corpetto attillato e una vaporosa gonna bianca di tarlatana simile a una nuvola impalpabile. Gli unici ornamenti furono un triplo filo di perle al collo e al polso, un modesto bouquet di fiori e delle alucce sulla schiena capaci di battere duecento volte al minuto grazie a un meccanismo nascosto.

Maria fu una vera e propria diva, al pari delle future stelle hollywoodiane. “Hai visto la Taglioni?” fu una domanda ricorrente nella Parigi degli anni Trenta. Il suo nome costellò le cronache dell’epoca e la sua influenza si estese alla moda, lanciando acconciature e cappelli. La critica, nel tentativo di descrivere l’eccezionalità della sua danza, ricorse a una miriade di epiteti quali “figlia dei cieli”, “fata aerea” e, naturalmente, “silfide”. Théophile Gautier, rinomato poeta e critico del quotidiano La Presse, riconobbe nella Taglioni un genio alla stregua di Lord Byron. Il compositore austriaco Johann Strauss II le dedicò la Marie Taglioni Polka (Op. 173, 1856) e il poeta e drammaturgo Victor Hugo le regalò un libro con la dedica “Ai tuoi piedi, alle tue ali!”. Il culto della Taglioni fu particolarmente forte anche a San Pietroburgo, dove si esibì dal 1837 al 1839. Secondo una leggenda un paio delle sue scarpette furono vendute per 200 rubli a dei ballettomani, o forse è meglio dire taglionisti, che le cucinarono e le mangiarono. Un principe russo, invece, le donò Ca’ d’Oro di Venezia, città dove la Taglioni era proprietaria di altri quattro palazzi.

Palazzo Ca’ d’Oro

Maria Taglioni fu una figura molto importante anche sotto un altro aspetto. Dopo Thérèse Elssler e Fanny Cerrito, fu la terza ballerina che riuscì ad imporsi come coreografa in un’epoca in cui i ruoli decisionali erano destinati agli uomini. Nel 1860 coreografò al Teatro dell’Opéra di Parigi Le Papillon, balletto fantastico su musica di Jacques Offenbach creato appositamente per la sua prediletta Emma Livry.  A seguire iniziò le prove di un secondo lavoro che non poté concludere a causa della prematura scomparsa della Livry. Altre due posizioni che riuscì a ricoprire furono Inspectrice de la danse e Professeur de la classe de perfectionnement, grazie alle quali riformò il sistema di esami per le promozioni all’interno delle file del corpo di ballo.

Dopo una brillante carriera nei più prestigiosi teatri d’Europa, Maria Taglioni andò incontro al tracollo finanziario  a causa di erronee speculazioni del padre. Fu costretta a trasferirsi a Londra dove aprì una scuola di danza e di buone maniere. Visse gli ultimi anni a Marsiglia, dove morì nel 1884.
Cent’anni dopo, nel 1985, arrivò l’ennesima consacrazione. L’Unione Astronomica Internazionale, scegliendo da un elenco di celebri donne offerto dalla National Organization for Women (NOW), omaggiò la ballerina dedicandole un cratere di 31 km sul pianeta Venere. Così come il cratere che oggi porta il suo nome, Maria Taglioni ha lasciato un segno indelebile nella storia della danza rivoluzionando in punta di piedi l’estetica del balletto.

Silvia Mozzachiodi